Instagram lancia la mappa che dice sempre dove siamo
È arrivata anche in Italia la funzione che permette di condividere la propria posizione con gli amici e di scoprire in tempo reale cosa accade intorno. Ma i rischi non sono pochi

Instagram ha introdotto una nuova funzione che sta facendo discutere: la mappa interattiva, uno strumento che permette di condividere la propria posizione con gli amici e di scoprire in tempo reale cosa accade intorno. Non è una semplice curiosità tecnica: questa novità segna un passo in più nella trasformazione del social da vetrina di immagini e contenuti a spazio che tenta di inglobare anche la dimensione geografica e relazionale della nostra vita quotidiana.
La mappa si trova nella sezione dei messaggi diretti, da cui si può attivare la condivisione della posizione scegliendo a chi renderla visibile. Non si tratta di un aggiornamento continuo, ma di un sistema che segnala la posizione quando si apre o si riapre l’app. È bene ricordare che la funzione è disattivata di default: è l’utente a decidere se renderla operativa, con la possibilità di limitare la visibilità a cerchie ristrette di amici o di escludere determinati contatti.
Le potenzialità, almeno sulla carta, sono evidenti. La mappa rende più semplice incontrarsi, organizzare uscite improvvise, sapere dove si trovano gli amici senza dover passare da una chat. Può diventare un modo per scoprire eventi e contenuti legati al territorio, dando nuova linfa alla dimensione locale di Instagram.
Ma accanto a queste opportunità emergono anche ombre non trascurabili. Il tema centrale è la privacy. Rendere visibile la propria posizione, anche solo a un gruppo ristretto, significa aprire a un livello di esposizione che può trasformarsi in un rischio. Non si parla solo di possibilità di abuso da parte di malintenzionati o stalker, ma anche della creazione di un’abitudine alla sorveglianza costante, alla condivisione quasi obbligata dei propri spostamenti per non sentirsi esclusi dalle dinamiche sociali. È un pericolo sottile, che riguarda soprattutto i più giovani: se la funzione diventa uno standard, chi la disattiva potrebbe percepirsi “fuori dal giro”.
Un altro punto critico riguarda la trasparenza. Meta, la società madre di Instagram, non ha ancora chiarito in che modo vengono gestiti i dati raccolti dalla mappa. Quanto restano memorizzati? Sono criptati? Verranno incrociati con altri dati per fini pubblicitari? La mancanza di informazioni certe lascia spazio a dubbi e alimenta perplessità. Non è la prima volta che funzioni simili finiscono al centro di polemiche: Snapchat con la sua Snap Map ha vissuto esperienze simili, con casi documentati di utilizzo improprio e conseguenti accuse di favorire forme di stalking digitale.
Il problema si amplifica se si considera la platea dei minori. Nonostante Instagram preveda strumenti di controllo parentale, è facile immaginare situazioni in cui ragazzi e ragazze, inconsapevolmente, finiscano per condividere abitudini, spostamenti e luoghi frequentati con persone di cui si fidano poco o per nulla. In questo caso, la funzione rischia di diventare un’esposizione inutile e pericolosa.
C’è infine un aspetto meno evidente, ma altrettanto importante: la pressione sociale. Anche se la mappa è facoltativa, l’uso diffuso può trasformarla in una sorta di obbligo implicito. L’idea di “esserci” diventa inevitabilmente legata al farsi vedere, non più solo attraverso immagini e storie, ma anche attraverso la posizione fisica. È un cambio di passo significativo: non si tratta più soltanto di raccontare quello che si fa, ma di dire costantemente dove ci si trova.
Il consiglio (se vogliamo un po’ da boomer) è di usarla con cautela, con la consapevolezza che non si tratta di una funzione neutra, bensì di un tassello ulteriore in un ecosistema digitale che tende a spingersi sempre più dentro la nostra vita quotidiana.
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