“Quando le parole feriscono più del silenzio”
Riceviamo e pubblichiamo una nota di rettifica sulla ricostruzione della vicenda di Clara Pirani Cardosi a Gallarate e della deportazione dalla casa di via del Popolo

Riceviamo e integralmente pubblichiamo nota di rettifica in merito ad un articolo del 2022, cronaca della posa della “pietra d’inciampo” per Clara Pirani Cardosi all’angolo tra via Palestro e via del Popolo
La presente nota di rettifica si rende doverosa a seguito della pubblicazione di articoli giornalistici che hanno riportato notizie infondate e senza il dovuto contraddittorio in merito alla deportazione di Clara Pirani Cardosi.
Trattasi della vicenda relativa alla deportazione, avvenuta nell’anno 1944, di Clara Pirani Cardosi che all’epoca viveva a Gallarate con la propria famiglia. Riportandosi ad un libro scritto dalle tre figlie della predetta datato 2006 e pubblicato in Francia, l’Associazione Mazziniana di Gallarate ha chiamato in causa nella tragica vicenda Gino Poli. Il predetto si trovava, suo malgrado (la precisazione è doverosa se si pensa al periodo storico che ci occupa nel caso di specie) nella duplice veste di vicino di casa della Pirani e di vice commissario – con funzioni di archivista in Questura a Gallarate. I rappresentanti dell’Associazione Mazziniana, encomiabili promotori del ricordo dei tragici eventi che coinvolsero ineluttabilmente anche il nostro Paese, hanno permesso la pubblicazione di un fatto scritto nel libro suddetto (la visita alla famiglia da parte di Poli Gino), fornendo tuttavia un’interpretazione che per loro risultava da seguire: ossia che Poli Gino avesse, tramite la suddetta visita alla famiglia, come finalità, quella di assicurarsi che tutti fossero in casa e, di conseguenza, quella di assicurare il buon esito dell’arresto della Pirani avvenuto il giorno successivo.
Il figlio di Gino Poli, Santino Poli, all’epoca dei fatti quindicenne, spiega, sentito ancora una volta sui fatti, che in realtà la visita del proprio padre presso la predetta abitazione aveva come unica finalità (prima interpretazione tratta dal libro) di mettere al corrente la famiglia Cardosi-Pirani circa l’esistenza di una circolare emanata che avrebbe potuto mettere in pericolo la Pirani; il tutto è avvenuto, occorre ricordare e ribadire durante l’epoca storica delle leggi razziali e, pertanto, va sottolineato che Poli Gino, sebbene padre di 9 figli, ha rischiato la fucilazione anche solo per aver suonato alla porta della famiglia Cardosi-Pirani. A riprova che la famiglia Cardosi-Pirani fosse consapevole della pericolosa situazione politico-militare in atto, vi è il fatto che la Pirani si era già allontanata tempo prima proprio per la suddetta situazione, ma in seguito tornò perché fiduciosa del matrimonio misto col marito di “razza ariana”. Il fatto di riversare su una persona innocente (Gino Poli) una parte di responsabilità in questa tragica vicenda è ingiusto ed inaccettabile.
Ancora più ingiusto ed inaccettabile, se si considera il chiarimento già intervenuto tra i figli dei diretti interessati (ossia Giuliana e Marisa Cardosi, figlie della Pirani e Santino Poli) circa l’estraneità del signor Gino Poli al tragico epilogo; chiarimento, si precisa, intervenuto in occasione dell’affissione della targa commemorativa in Via del Popolo nel 2007.
Chiarimento, resosi necessario in conseguenza della pubblicazione di un articolo sul quotidiano La Prealpina, ove si leggeva di un intervento attivo del signor Gino Poli nella vicenda che ci occupa; l’errore commesso dai succitati figli dei diretti interessati fu di “siglare” solo verbalmente il chiarimento che nelle intenzioni dei suddetti doveva definitivamente fugare da ogni dubbio il ruolo di Gino Poli e cioè, si ribadisce, il ruolo di assoluta estraneità al tragico epilogo.
Da qui, il riproporsi sino ai giorni nostri dell’arbitraria interpretazione. I rappresentanti della suddetta Associazione, in sede del recente colloquio richiesto dagli eredi di Gino Poli intenzionati a mettere “una pietra tombale” sull’equivoco già chiarito verbalmente tra i diretti interessati di cui sopra, hanno più volte ribadito che pensavano di non cagionare danno a Gino Poli, aggiungendo tra l’altro che non pensavano ci fossero eredi diretti in vita. Questo, forse, è anche il nocciolo della questione: dopo ottant’anni si va ancora a “scomodare” i morti con nome e cognome senza i doverosi ed approfonditi accertamenti, appellandosi ad un dovere morale superiore?!?!
Ciò deve essere considerato come un monito: quando si tratta di vicende lontane nel tempo, si deve evitare di scrivere e parlare di persone ormai scomparse, che non possono difendersi e che all’epoca dei fatti sono stati considerati, tra l’altro, completamente estranei alla vicenda anche sul piano giudiziario. Ciò, non foss’altro anche in questo caso, per un dovere morale superiore.
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