I Grateful Dead continuano sulla loro nuova strada, che al pubblico sembra piacere
Come dischi in studio il meglio era alle spalle, ma...

Wake of the flood, che era stato il primo disco della Grateful Dead Records, aveva avuto un buon successo, tanto che il gruppo ne fece uscire un altro a meno di un anno di distanza, dopo di che – cosa stranissima per loro – fu annunciato un periodo di stop ai concerti, che alla fine durò un paio di anni. I Dead vollero dare al disco il nome di un albergo di bassa categoria dove pare soggiornò anche Jack Kerouac, che era vicino alla loro sala di incisione: visto il nome lo vollero spostare in copertina sul pianeta Marte, ma comunque quello reale non resse molto alla modernizzazione di San Francisco e fu demolito pochi anni dopo. Il gruppo è quello di metà anni ’70, con i coniugi Godchaux, che magari il periodo migliore in studio lo aveva alle spalle (forse eccezion fatta per In The Dark): anche per loro insomma bisogna parlare di una sorta di Golden Era seguita da un’ottima attività live. Però questo album, anche se manca forse di una certa omogeneità, contiene ottime canzoni: Ship Of Foods, Scarlet Begonias e China Doll rimarranno dei classici del loro repertorio.
Curiosità: il titolo provvisorio dell’album era stato Ugly Roomers, poi mutato in Ugly Rumors. Se prendete la copertina, la mettete a testa in giù e la guardate in uno specchio, quella strana scritta azteca sotto al titolo diventa appunto Ugly Rumors. Tony Blair la usò come nome della propria band.
La rubrica 50 anni fa la musica
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