Un paese anomalo
In questi quindici giorni sono state scritte e dette valanghe di parole che analizzano il risultato del voto. Al centro dei commenti quasi sempre la Lega e la sua robusta crescita elettorale. In molti casi è sembrato davvero di assistere alla scoperta dell’acqua calda evidenziando la distanza di chi conosce poco il Nord.
I commentatori politici all’improvviso hanno dovuto entrare in via Bellerio a Milano e iniziare a leggere la stampa locale pedemontana. Segno evidente di come l’asse del potere abbia spostato vistosamente il proprio baricentro. Roma, Milano e Varese compongono un triangolo lungo e il resto verrà a ruota. Potrà piacere o meno, ma questo è il primo effetto dirompente del voto di metà aprile.
La seconda forte novità viene dai palazzi romani che contano. Il Parlamento riapre oggi le porte e non è più lo stesso. Sui banchi di Montecitorio e Palazzo Madama prenderanno posto solo cinque gruppi. Lega e Pdl nella maggioranza e Pd, Italia dei valori e Udc all’opposizione. Una novità storica che permetterà uno snellimento dei lavori sia nelle aule che nelle commissioni. Come diceva un acuto attore queste potranno svolgersi su una Panda. E anche questo potrà piacere o meno, ma intanto occorrerà tenerne conto.
La semplificazione del sistema parlamentare, prima ancora che da un referendum popolare è passato dalle scelte che Veltroni e il Pd hanno imposto. Il voto del 13 e 14 aprile ha fatto il resto. Questo non significa affatto che scompare la sinistra (al tappeto e frastornata e il risultato di Roma è devastante), così come non significa che il nuovo assetto parlamentare sia lo specchio del Paese. Il Governo anche per questo ora non avrà più scuse. Non è come nel 2001 dove i voti di ogni partito erano determinanti e quindi tra Udc, An, Lega e Forza Italia era un rimpallarsi responsabilità per le cose che non potevano esser fatte. Ora Berlusconi e Bossi hanno di fronte a loro un’autostrada. Hanno una larghissima maggioranza, possibilità di snellire tempi e procedure e soprattutto una coesione politica forte. Questo almeno sulla carta, sarà poi da vedere alla prova dei fatti se è davvero così.
Varese porta nelle aule parlamentari una pattuglia di sei deputati e quattro senatori. Avrà posti di grande responsabilità e potrà far sentire la propria voce ci auguriamo non tanto per interessi “di bottega”, quanto per valorizzare alcuni aspetti importanti del nostro territorio che portano vantaggi a tutto il Paese.
Per il Nord finiranno anche tutte quelle ambiguità e contraddizioni che vediamo da vent’anni. Lega e Pdl, tranne poche eccezioni, governeranno dalle circoscrizioni fino a Roma passando dai municipi, province e Regioni. Se in cinque anni, per la seconda volta, non cambieranno questo paese sarà solo per loro incapacità. Questo gli esponenti leghisti sembrano averlo ben chiaro e le dichiarazioni del segretario Giorgetti sono eloquenti, “non avremo più scuse. Se non portiamo a casa il federalismo adesso la prossima volta potremo anche non presentarci agli elettori”.
Il Parlamento che apre oggi assume così un altro carattere davvero straordinario. Diventa nei fatti un’assemblea costituente senza che nessuno ne abbia mai parlato esplicitamente in campagna elettorale.
In mezzo a tante novità comunque resta la peggiore delle certezze che fa dell’Italia sempre un Paese anomalo. Sono passate due settimane e quel Governo che sembrava già pronto è ancora là da venire e non tanto per questioni istituzionali e procedurali, ma per i classici giochi di potere. La Lega ha fatto la voce grossa e ha ottenuto (sarà poi da vedere se davvero è così) quello che chiedeva, ma l’avvio non è certo esaltante e i prossimi mesi saranno determinanti per capire cosa ci aspetta.
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