“Tre mosse per non sparire nel nuovo web dominato dall’intelligenza artificiale”
Costruire dati proprietari, contenuti di profondità e un canale video autorevole. Paolo M. Luino, General Manager EMEA di Kitsune, presenta il suo playbook per le imprese. "L’unico modo per trasformarsi da “trovabili” a vere “fonti” nel nuovo ecosistema digitale"

La SEO non è morta, ma non è più quella che conoscevamo.
Paolo M. Luino, General Manager EMEA di Kitsune, lo aveva anticipato nei mesi scorsi lanciando un allarme che ha fatto discutere: con l’arrivo delle AI Overviews di Google e la frammentazione della ricerca online, la vecchia Search Engine Optimization non basta più. La sfida non è farsi trovare, ma diventare la fonte.
«Il paradigma è cambiato -spiega Paolo M. Luino, General Manager EMEA di Kitsune e uno dei massimi esperti di posizionamento e visibilità online a livello internazionale-. Per anni la SEO ha significato Search Engine Optimization: ottimizzare i contenuti per scalare la classifica dei motori di ricerca. Oggi la sigla resta la stessa, ma il significato cambia radicalmente: SEO diventa Search Ecosystem Optimization. L’informazione non si cerca più soltanto su Google, ma in un ecosistema fatto di intelligenze artificiali, social, piattaforme di video e community verticali. E se i contenuti non sono progettati per questo ecosistema, semplicemente scompaiono».
In questo nuovo scenario, l’imprenditore non può limitarsi a pensare in termini di campagne pubblicitarie o keyword, ma deve costruire asset digitali durevoli, veri patrimoni capaci di generare valore nel tempo. «Il marketing tattico produce visibilità a breve termine -osserva Luino- ma non lascia nulla all’azienda. Il compito dell’imprenditore è capire dove investire per creare una fortezza digitale: una posizione di mercato proprietaria, solida e difficile da scalfire».
La guida che propone Luino prende la forma di un playbook, con tre asset fondamentali da costruire fin da oggi.
Il primo è l’archivio dati proprietario. «Google sta restringendo l’accesso alle informazioni sulle query e presto i dati saranno ancora più scarsi -afferma-. Per questo ogni azienda deve dotarsi di un proprio archivio, raccogliendo e sistematizzando le domande che arrivano dal customer service, dalla rete commerciale, dai social. Ogni domanda di un cliente è un insight prezioso: se archiviato e analizzato, diventa bussola per sviluppare nuovi prodotti e creare contenuti che intercettano bisogni reali».
Il secondo asset è la biblioteca di contenuti di profondità. «Le AI generative come Gemini o ChatGPT non citano post brevi o articoli superficiali, ma attingono a contenuti lunghi, strutturati e affidabili -spiega Luino-. Per diventare la fonte, bisogna offrire all’intelligenza artificiale il miglior manuale di istruzioni sul proprio settore: guide complete, white paper, ricerche originali. Solo chi produce contenuti di valore potrà restare visibile nel tempo».
Il terzo pilastro è il canale video autorevole. Non un orpello, ma il volto del brand nel nuovo ecosistema digitale. «Il video è ormai tra i filtri principali di ricerca su Google, ed è il linguaggio preferito dalle nuove generazioni. È il formato che più di ogni altro umanizza il brand, mostra competenza e costruisce fiducia. Un singolo webinar di mezz’ora può generare decine di pillole per i social: un moltiplicatore di valore che permette di presidiare i diversi canali con coerenza».
Il messaggio è netto: «Chi continuerà a ragionare per keyword e campagne effimere costruirà soltanto vetrine fragili -conclude Luino-. Chi invece oggi investe in dati, contenuti di profondità e video, sta edificando una vera fortezza digitale. È questa la differenza tra sopravvivere e diventare leader nell’era dell’intelligenza artificiale».
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