Soli e senza regole: “La metà dei nostri studenti vive male”
Il 53% dei ragazzi che frequenta i corsi di formazione professionale manifesta disagio. Otto centri lombardi testano nuovi modelli educativi
La metà dei ragazzi che segue corsi di formazione professionale vive in situazione di disagio.
Questo il risultato a cui sono pervenuti otto centri lombardi che hanno intervistato 5.667 ragazzi: di questi il 53% vive in modo precario.
Si tratta di disagio legato alle condizioni di vita: famiglie inadeguate, solitudine per assenza degli adulti, mancanza di regole; o disagio comportamentale: aggressività verbale o fisica, precocità sessuale, uso e abuso di sostanze, sfrenato consumismo; o disagio interiore, con bassa autostima, bassa autoefficacia, difficoltà di accettarsi fisicamente, noia e apatia, assenza di futuro e di speranza; o disagio conclamato: disturbi dell’apprendimento, disturbi dell’alimentazione, analfabetismo motorio.
L’indagine, effettuata nel corso dell’anno scolastico passato da Enaip, Ciofs, Clerici, Ial, AFGP, Csl, Ecfop e Cnos, è stata realizzata per avere una fotografia precisa della situazione in cui si trovano ad operare gli educatori della Formazione Professionale: «Oggi il disagio è in netto aumento – spiega Marco Giacometti, responsabile del progetto per Enaip – la rete sociale è esigua e la capacità di sopportare gli insuccessi è di gran lunga inferiore a quella di vent’anni fa. Oggi una bocciatura può avere effetti disastrosi. I ragazzi di oggi hanno meno competenze. Diversamente dal passato, non hanno problemi economici o, almeno, non pongono freni al consumismo. Ma hanno un vuoto interiore allarmante».
La popolazione indagata è una parte della gioventù odierna: chi arriva ai centri di formazione è spesso espulso dal sistema scolastico o non lo avvicina nemmeno per il suo andamento pregresso ( 85% degli studenti dei CFP hanno voti sufficienti e il 90% è orientato alla formazione sin dalle medie).
Eppure il disagio è evidente anche nel canale dell’istruzione: «In Lombardia la percentuale di ragazzi che abbandonano la scuola è del 25% – commenta Giacometti – In una regione che brilla proprio per le sue eccellenze formative grazie ad università master e dottorati qualificati, si rischia che la forbice tra le eccellenze e gli emarginati sia sempre più profonda».
Partendo da questa riflessione, i 300 educatori dei centri formativi si sono confrontati su modelli educativi efficaci per offrire un’opportunità di legittimazione: «Ci siamo interrogati sul nostro ruolo. Siamo convinti che i centri debbano diventare sempre più elementi di socializzazione dove la formazione sia parte di un’organizzazione più complessa. Dato che i ragazzi trascorrono da noi almeno 30 ore settimanali per nove mesi all’anno, abbiamo veramente l’opportunità di diventare luogo di aggregazione. La nostra speranza è che si riconosca questo ruolo anche a livello istituzionale. Sarebbe importante avere un’investitura ufficiale».
La sfida lanciata è impegnativa e ambiziosa. Dalla loro parte hanno un risultato più confortante relativamente agli abbandoni: "solo" il 10% lascia, e sono quasi sempre al primo anno. Diventare uno spazio di socializzazione, dove si riescano a costruire legami, dove si possano trovare risposte e valori è l’obiettivo che si sono posti gli otto centri di formazione lombardi. Diciassette sono stati i modelli educativi sperimentati in base a questo progetto: « È un compito importante che stiamo affrontano con entusiasmo pur consapevoli della sua complessità. Io sono convinto che ci sia tanto in questi ragazzi e che siamo noi adulti incapaci di ascoltarli»
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