La danza del ventre, dallo spettacolo all’arte

Martedì sera le Bellydance Superstars hanno dato una lezione di intrattenimento, rivalutando una forma culturale più complessa del previsto

Giulietta e Romeo, Giselle, Schiaccianoci, Ezralow, Paganini e la danza del ventre. C’è un intruso in questa stagione di danza, che è poi quella del Teatro di Varese? Chi scrive crede proprio di no, anche se forse prima di ieri sera (martedì 16) guardava con un sorriso sarcastico l’appuntamento dedicato alla danza del ventre. Questo sorriso, ieri sera, è stato smentito.

Non è un tema nuovo: si è già parlato molto, sulle pagine di VareseNews, della sottile differenza che separa lo spettacolo dall’arte, la cultura popolare da quella più "alta". Spunto del dibatitto è stato il musical legato alla trasmissione "Amici".

Di questo si può parlare anche affrontando "Babelesque" delle Bellydance Superstars. "Bellydance" è il termine preferito negli ultimi anni per indicare la danza del ventre, una forma di ballo da sempre vittima di una separazione ambigua tra arte e spettacolo. Da una parte ci troviamo di fronte ad uno degli stili più antichi al mondo, un’arte ancestrale che ha subito un’evoluzione molto articolata, con una divisione in generi poco conosciuta.

Allo stesso tempo (pur essendo danza e non tv) nell’immaginario collettivo questa forma d’espressione rimane ancora una disciplina di puro intrattenimento, a volte persino trash. Vuoi per la bellezza fisica delle ballerine (seppur lontana dai canoni anoressici), vuoi per gli abiti colorati ed eccessivi, forse anche per le musiche pseudo-etniche che spesso accompagnano i movimenti. Così possiamo trovare, indifferentemente, questa danza del ventre in una pizzeria o nei video di Shakira.

Ieri sera, le Bellydance Superstars, una delle formazioni di maggiore successo negli Stati Uniti, non hanno certo evitato di fare spettacolo. Eppure, allo stesso tempo, la danza orientale sembra aver assunto per gli spettatori dell’Apollonio una forma più alta del previsto. Con ogni probabilità, ad ottenere questo risultato, è stata una sperimentazione basata sulla commistione: ogni ballerina di questo gruppo ha infatti una formazione particolarmente originale, ed ha provato ad unire la danza del ventre alle forme più disparate. Così, dopo un inizio con musiche tradizionali, si è passati alla musica elettronica, all’hip-hop, alla dance e persino alla classica, con l’estremo di una danza del ventre ballata sulle punte. Alla sperimentazione è stata unita l’ironia, e in alcuni passaggi un coinvolgimento del pubblico in sala, quasi come in uno stadio.

Generi considerabili "alti" o "bassi", almeno dal pubblico tipicamente teatrale, sono stati uniti in un’unica pasta, per ottenere uno scopo ben preciso: la rivalutazione di una forma d’arte ingiustamente volgarizzata e il divertimento del pubblico in sala. Non stupisce sapere che questa idea deriva proprio dagli Stati Uniti. In quel paese le Bellydance Superstars sono considerate un vero e proprio fenomeno pop, e il loro produttore è stato lo stesso dei Police. Certo, una formazione finalizzata al profitto, siamo pur sempre in America. Tuttavia, è difficile dire se per effetto collaterale o volontariamente, questo esperimento sembra aver fatto del bene alla danza del ventre come genere. In fondo nella cultura anglosassone esiste una parola sola per dire "suonare", "giocare" e "spettacolo teatrale": play. Anche solo semanticamente la distinzione tra cultura e intrattenimento non è significativa: non si rischia l’alibi della nicchia, e non a caso in quei paesi il teatro ha affrontato sempre con coraggio quel ruolo duplice di formazione e intrattenimento che ha avuto fin dalle origini.

Così, grazie all’hip-hop e altri generi musicali più alternativi, ieri anche uno spettacolo di danza orientale non è più stato uno spettacolino, ma una forma di intrattenimento degna di rientrare nell’abbonamento danza del Teatro di Varese, che ben abitua il suo pubblico a spettacoli d’alto livello. Forse, questa, non è la panacea di tutti i mali: magari non tutte le culture possono raggiungere il pubblico con questi mezzi, o forse non devono raggiungere l’intero pubblico. Questo rimane comunque un caso di successo dal quale, forse, prendere spunto può portare buoni risultati anche in altri territori culturali.

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Danza del ventre all’Apollonio 4 di 13

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Pubblicato il 17 Aprile 2008
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