In Italia il giornalismo è diventato chiacchiera
Eugenio Scalfari ricorda il lavoro nella redazione di "Repubblica". E ammonisce i giornalisti
«Quando ci dicevano che Repubblica era un giornale di partito, noi non la prendevamo come un’offesa». A 85 anni Eugenio Scalfari è considerato un dei padri del giornalismo italiano e non per anzianità di servizio, ma per la lungimiranza e il senso d’indipendenza che hanno caratterizzato la sua vita di editore-direttore. «Noi facevano politica con il giornale, mai però alle dipendenze di qualcun altro. La redazione faceva politica, perché si identificava nel progetto e perché aveva contatti con l’opinione pubblica. E man mano che questi si infittiscono non si capisce più se è l’opinione pubblica a influenzare il giornale o viceversa. I lettori sentono un’appartenenza al giornale».
Il fondatore di Repubblica,prima di farla con il suo giornale, ha fatto politica direttamente dal 1968 al 1972 come deputato socialista e non vedeva l’ora che finisse la legislatura, per tornare a fare il suo mestiere.
A Repubblica Scalfari era una sorta di «padre padrone» (nel senso buono della definizione), riconosciuto e rispettato dai «figli giornalisti». Gianni Spartà, che aveva il compito di presentarlo al pubblico del Festival del racconto, prima dell’incontro ha chiamato Mario Pirani, altro «grande vecchio» del giornalismo nostrano, per farsi raccontare l’atmosfera che si viveva in redazione. «Ogni mattina Scalfari convocava i senatori e dopo una bella messa cantata decideva il giornale da fare».
Ai tempi di Berlusconi, fare il giornalista non è cosa semplice. E non solo per una questione di formato che tutti, Unità compresa, si accingono a cambiare, se non hanno già cambiato. Il male del giornalismo di oggi, secondo Scalfari, è il brusio di fondo, la chiacchiera inutile (sensazione che sembra confermata da una ricerca commissionata dall’ordine dei giornalisti della Lombardia), proprio come è narrato nella favola delle parole ghiacciate di Rabelais, padre letterario di Gargantua e Pantagruel. I due protagonisti non riescono a comunicare perché fa troppo freddo e le loro parole si ghiacciano. E dal cielo pendono tanti ghiaccioli che sbattendo l’uno contro l’altro fanno un rumore di fondo senza significato. E solo se riscaldate le parole riacquistano il loro senso originale e originario.
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