Dall’Italia alla Svizzera, la storia di un medico in carriera
Luca Torri, laureatosi con 110 e lode a Bologna e che aveva studiato chirurgia sul testo del nostro Renzo Dionigi. Voleva specializzarsi in medicina d’urgenza e scelse di essere emigrante in Svizzera
Erano anni ancora “buoni”, era ben lontano l’incubo della revisione delle spese a opera di ministeri tecnici, anni però che vedevano per le strade di Milano e poi anche nella nostra Varese, giovani medici in camice bianco gridare la loro rabbia e mostrare ridicole buste paga ai passanti. Che solidarizzavano davanti a simili trattamenti inferti agli “specializzandi”, ovvero a dottori destinati a ricoprire ruoli importanti nel sistema sanitario. Anche i “terminator” del governo Monti avevano pensato di dragare risparmi tra i dottorini, ma si sono accorti subito che sarebbe stato un grave errore e hanno desistito. La violenta polemica per la segnalazione degli infermieri che studiano a Varese e poi per poter lavorare vanno in Svizzera, mi ha fatto ricordare la piccola storia di un giovanissimo medico dell’ Appennino reggiano, raccontata nel 2010. La storia di Luca Torri, laureatosi con 110 e lode a Bologna e che aveva studiato chirurgia sul testo del nostro Renzo Dionigi. Voleva specializzarsi in medicina d’urgenza e scelse di essere emigrante in Svizzera. Non solo la polemica di casa nostra ma anche Il recente tentativo di decimare ulteriormente i magri compensi dati ai nostri giovani medici mi ha indotto al riscontro, al parallelo con la situazione degli specializzandi svizzeri. L’ho fatto con chi la conosce bene.
– Dottor Torri, lei sta trascorrendo in famiglia un periodo di ferie, per qualche minuto le chiediamo di parlare della sua esperienza in Svizzera, partendo dall’inizio, due anni fa.
“Lo faccio volentieri. Ho concluso la mia prima esperienza nel piccolo ospedale di Delemont, nel cantone Giura, dove al mio sapere teorico ho potuto cominciare a dare anche la sostanza del lavoro pratico, molto importante se fatto sotto la guida di medici esperti. E’ stato fondamentale imparare in un clima sereno, sentirsi responsabilizzati e al tempo stesso agire in un ambiente molto costruttivo . Un ospedale piccolo, ma efficiente, dove si deve essere pronti e consapevoli davanti a qualsiasi situazione e dove il desiderio di imparare non va mai incontro a frustrazioni. Diciamo che è stato rispettato in pieno il primo gradino del percorso di formazione che mi avevano proposto e che è stato decisivo per il secondo, cioè per i due anni intermedi previsti in un ospedale più importante, come quello di Sion, dove sono già approdato da dodici mesi.”
– Destinazione e lavoro graditi?
“ Nel modo più assoluto. E’ chiaro che rispetto a Delemont l’apprendimento ha imboccato, come è logico, una specializzazione più marcata, ma il clima, l’ambiente, la cultura, il rispetto, la professionalità sono scelte di fondo che caratterizzano il mondo della medicina elvetica.”
– Decisissimo allora a continuare l’esperienza..
“Certamente. Sion rappresenta una tappa importante che concluderò l’anno prossimo, poi gli ultimi due anni della specializzazione li farò in un ospedale ancora più grande, a Losanna o a Ginevra.”
– Lei ha accennato al rispetto, c’è anche tra varesini e ticinesi, ma noi abbiamo alcune situazione che possono portare a differenze di valutazioni se non a contrasti..
“Nell’ambiente medico non ho riscontrato questioni di..frontiera, i rapporti di noi stranieri con i colleghi svizzeri sono eccellenti, nei nostri confronti ho constatato solo gentilezza.”
– Non le chiedo di addentrarsi in spiegazioni del suo lavoro, le chiedo se risponde alle sue attese.
“La medicina d’urgenza mi ha sempre affascinato e la specialità, a mio parere importantissima, è un servizio necessario alla popolazione.”
– Non le chiedo nemmeno dettagli sulla remunerazione data ai giovani medici svizzeri.
“ E la ringrazio, ma posso dire che rispetto all’ Italia il costo della vita a Sion è superiore. Io mi trovo bene, il contratto di lavoro è rigorosamente osservato e per il resto tutto è ok, sia per la professione, sia per i rapporti umani, la città , l’ambiente e la natura. E alla fine del mese non ho le tasche vuote.”
– C’è il costo della lontananza dalle proprie radici, ma professionalmente, e non solo, è una emigrazione accettabile?
"Certamente, è un mondo diverso, con una notevole organizzazione a qualsiasi livello. La scuola medica è ottima, quella italiana che ha grande storia, si integra senza problemi."
Luca Torri pensa al suo futuro in chiave elvetica, è già inserito bene nell’ambiente di lavoro, lo aspettano altri tre anni di impegno, li affronterà con serenità. L’emigrazione dei nostri infermieri, anche alla luce della situazione economica internazionale, è sicuramente un problema con varie ricadute, ma potrebbe essere accolta come una opportunità. Infatti i triennali studi accademici che molti giovani intraprendono presso il "Circolo" non possono dare garanzie di occupazione dopo il diploma di laurea perché il "mercato" locale è da tempo saturo e per di più imperversano i tagli alla sanità. Nei confronti delle famiglie degli studenti e magari dell’opinione pubblica dovrebbe esserci una migliore comunicazione. Il problema va tuttavia approfondito anche perché si deve pure tenere conto che a Varese per ottenere la laurea in scienze infermieristiche approdano giovani che vengono da lontano per poi tornare a casa, dove conta il "pezzo di carta" che hanno conquistato. Il problema dell’occupazione e della carriera è ancora più grande, anzi è enorme, in ambito medico dove non tutti possono diventare primari, dove le scelte degli uomini guida non sono facili e possono segnare il futuro di un reparto, se non dell’ospedale o dell’Università.
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