Gli studenti un tempo erano “sub”, oggi fanno “surf”: la Scuola si adegui

Un miliardo in tre anni per realizzare il Piano Nazionale della Scuola Digitale. Luca Piergiovanni, tra gli estensori del progetto, spiega obiettivi, ostacoli e risorse

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Un miliardo di euro in tre anni per avviare la Scuola Digitale. È nel piano del Ministero dell’Istruzione che vuole adeguare conoscenze, competenze e tecniche di apprendimento al contesto in cui viviamo.

i soldi ci sono, quindi. La cosa è fattibile. Ma è proprio così? in un paese arretrato dal punto di vista infrastrutturale, con un’età media dei docenti tra le più elevate del mondo ( si sfiora i 50 anni), quel processo di trasformazione sembra impossibile. Al di là del finanziamento.

Invece c’è chi, come Luca Piergiovanni, da anni impegnato a far entrare la tecnologia nella scuola, ci crede davvero. Tant’è che è stato chiamato proprio dal Ministero a collaborare alla stesura del Piano Nazionale della Scuola Digitale: « Sono 140 pagine. Un documento rivoluzionario. Per me, che venivo considerato un marziano quando proponevo le lezioni in podcast, è una grande soddisfazione».

Ma diventerà mai reale quella scuola così ben disegnata sulla carta? E quanto tempo ci impiegherete?
« È una sfida importante e impegnativa. Tutto parte dalla testa degli insegnanti. Per questo io, nei miei corsi, parlo sempre di Mente 2.0. La tecnologia è importante ma è uno strumento che si adatta a chi lo usa. Per essere efficace e diventare ambiente di apprendimento, si deve ridefinire tutto»

Basta lezione frontale?
« Non ho detto questo. Il rapporto frontale in classe rimane ma va rimodulato: le tecniche digitali non sono qualcosa di extra ma sono didattica ordinaria. Occorre che gli insegnanti diventino “social”,  fulcro di reti con altri insegnanti per condividere, confrontarsi, migliorare, far circolare le idee. Non importa se si usa il tablet o il pc-net. Se si ha la lim o schermi individuali, se ci sono spazi virtuali condivisi. Ognuno scelga la strada migliore per fornire contenuti»

L’ambiente scolastico quanto incide in questa nuova scuola 2.0?
« È fondamentale costruire uno spazio adeguato: il mobilio rappresenta il 35% dell’apprendimento. Nel Piano nazionale si parla di classi aumentate. Anche in questo caso, però, occorrono attenzione e conoscenza nelle scelte: ciò che va bene per gli alunni della primaria ( che hanno comunque bisogno di scrivere, disegnare e leggere i libri) non può adattarsi alle esigenze degli studenti delle superiori. Si parla di flipped class, o classe capovolta: ma non crediate che sia la soluzione. Già emergono i problemi, le lacune: i ragazzi si sentono abbandonati o troppo sollecitati da questa impostazione. Ogni cosa va modulata in base alla propria esperienza».

Ma l’età media del nostro corpo insegnante è un po’ alta. Persone abituate a uno stile, è possibile che accettino il cambiamento?
« In tutti i corsi che ho tenuto fino ad ora, ho incontrato diversi professori, di qualsiasi età. Non esiste un limite di anzianità ma solo di entusiasmo. C’è chi ha voglia di mettersi in gioco, trovare nuovi stimoli, confrontarsi e chi, anche se giovanissimo, è tenacemente avvinghiato al suo metodo classico. Il segreto sta nella voglia di sperimentare e mettersi in gioco»

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Quindi che tempi ci dobbiamo attendere per vedere la scuola abbracciare il cambiamento digitale?
« Le basi per la rivoluzione ci sono. C’è il testo, i fondi, le figure di riferimento ( animatori digitali). Poi occorrerà smuovere le routine, abbattere le diffidenze. Troppo spesso si mistifica il ruolo della digitalizzazione : non è il mezzo che traina ma sono la cultura e la nozione. C’è poi ancora un ostacolo enorme ed è il “programma ministeriale”. Finchè ci saranno obblighi di apprendimento da rispettare, la libertà di costruire moduli didattici nuovi sarà limitata. Non ci si può, però, abbattere: se si insegna ai giovani un modello critico di apprendimento, questi  se lo porteranno sempre con loro e lo applicheranno ogni volta che vorranno conoscere. Se i ragazzi trovano la passione, corrono spediti verso ogni obiettivo »

Il limite che si sente spesso fare alla tecnologia è proprio la sua velocità che uccide la riflessione
«È vero. Noi eravamo abituati a fare i “sub” della conoscenza, mentre questi ragazzi fanno “surf”. Anche in questo caso, però, la rete corre in soccorso, offrendo canali di ricerca e di conoscenza specifici, misurati e certificati per evitare la dispersione dei concetti. Se la navigazione diventa pilotata attraverso siti specializzati si ottiene il doppio risultato di offrire conoscenza ma anche di formare cittadini digitali, capaci di non perdersi e di mantenere la barra dritta».

Alcuni suggerimenti di Motori di ricerche educational del professor Piergiovanni:

PRIMARIA E MEDIE
Per i bambini più piccoli c’è il sito RICERCHE MAESTRE, KIDSEARCH, KIDCLOUD, BAMBINI.IT
KARTOO è un motore di ricerca che funziona per mappe concettuali.
TWURDY è un interessante motore di ricerca dove l’intensità del colore di sfondo indica la difficoltà

SUPERIORI DI II GRADO

EDUCITY , DIENNE.TI. , SWEET SEARCH , REFSEEK ,WOLFRAM-ALPHA

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 18 Aprile 2016
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