Giorno della memoria: “non dimentichiamo le vittime dell’omocausto”‘

Per non dimenticare, nel giorno della memoria anche le vittime omosessuali dell'olocausto, anche Arcigay Varese ha organizzato delle iniziative

Omocausto

Per non dimenticare, nel giorno della memoria anche le vittime dell’omocausto, l’olocausto degli omosessuali, e della persecuzione nazifascista, anche Arcigay Varese ha organizzato delle iniziative.

Arcigay Varese sarà presente a Como il 27 gennaio alla Biblioteca Comunale in piazzetta v. lucati in un incontro organizzato da Anpi provinciale di Como, Arci comitato provinciale di Como, Biblioteca comunale di Como, Cgil – camera del lavoro, comitato Soci Coop, Cisl scuola dei laghi, Istituto di Storia Contemporanea P.A. Perretta denominato “Il ricordo dell’Olocausto degli Omosessuali”.

A Varese sarà sabato 28 gennaio: dalle 15 ci sarà un gazebo informativo organizzato da Arcigay Varese in Corso Matteotti con esposizioni e materiale storico riguardante il cosiddetto Omocausto con l’adesione di ANPI Città di Varese.

LA STORIA DELLE PERSECUZIONI AGLI OMOSESSUALI

Tra il 1922 e il 1933 l’Europa venne sconvolta dall’avvento al potere di due regimi che avrebbero segnato tragicamente il XX secolo: il regime fascista in Italia e quello nazista in Germania. Portatori di due ideologie che intendevano ricreare il primo un “nuovo italiano”, il secondo una “razza ariana” purificata attraverso lo sterminio di tutti gli elementi ritenuti “inutili”, “inadatti alla vita” o estranei al popolo tedesco, queste folli ideologie politiche sconvolsero il panorama sociale europeo. In particolar modo, in Germania il delirio nazista iniziò fin da subito la liquidazione sistematica di tutti gli elementi considerati “diversi” e che minacciavano la purezza della “razza ariana”. Milioni di persone, in prevalenza ebrei, ma anche zingari, Testimoni di Geova, atei, oppositori politici, portatori di handicap fisici e mentali, prostitute ed omosessuali, cominciarono una lunga marcia che li condusse nei campi di concentramento e di sterminio, e quindi alla morte. Questa tragedia ha riempito pagine e pagine dei libri di storia. Tuttavia, alcune parti di essa sono cadute nel silenzio, dimenticate per decenni. Tra queste quello che in tempi recenti è stato definito l’“Omocausto”: la persecuzione e lo sterminio di migliaia di omosessuali, uomini e donne. Ritenuti un pericolo per la società e per la “purezza della razza”, gli omosessuali tedeschi, e successivamente anche quelli dei paesi invasi dalla Germania, si ritrovarono travolti dalla folle selezione razziale, dapprima ricercati e braccati, e in seguito aggrediti, perseguitati e sterminati. Quelli italiani furono perseguitati dal regime fascista in maniera diversa, meno cruenta ma non per questo meno efficace. Non ne fu pianificato lo sterminio di massa, ma l’ampia discrezionalità delle forze di polizia e l’utilizzo frequente del confino inasprì il già difficile quadro culturale con cui dovevano fare i conti le donne e gli uomini omosessuali dell’Italia prefascista. Come per tutti gli elementi indesiderati, anche per gli omosessuali si aprirono i cancelli dei campi di concentramento.

A migliaia (il numero preciso non si saprà probabilmente mai) vennero marchiati con un triangolo rosa, costretti a subire aberranti esperimenti medici, torture ed umiliazioni mentre quelli più forti che riuscivano a resistere, venivano soppressi nelle camere a gas. Un dramma, quello degli omosessuali, che non terminò neppure con la fine della guerra. Considerati “colpevoli” anche da chi aveva liberato i campi di sterminio, molti continuarono a scontare in carcere le pene inflitte dal regime nazista, così, nel timore di ulteriori persecuzioni, per la vergogna imposta da secoli di repressione, chi visse in prima persona l’ Omocausto si chiuse nel silenzio. Per decenni del dramma di migliaia di uomini e donne imprigionati, torturati e uccisi per il loro modo di amare “diverso” non si seppe più nulla.

La persecuzione dell’omosessualità durante il regime nazista non si limitò solamente a quella maschile. Lo stesso tragico destino toccò, anche se in maniera meno evidente, a tante lesbiche. Apparentemente, la persecuzione nei confronti delle donne omosessuali fu meno cruenta di quella nei confronti degli uomini. Il Paragrafo 175, infatti, non perseguiva l’omosessualità femminile, per quanto diversi tentativi di inserirla siano stati fatti nel corso degli anni, senza però alcun successo. Le ragioni di questa diversità di trattamento sono spiegate in una lettera scritta nel 1942 dal Ministro della Giustizia del Reich: “L’attività omosessuale fra donne non è così diffusa come tra gli uomini. (…) Una delle principali ragioni per punire atti sessuali tra uomini – vale a dire la distorsione della vita pubblica a causa dello sviluppo di legami di dipendenza personale – non ha ragione di essere per le donne, a causa del loro minor peso nella società e nel pubblico impiego. Infine, le donne che indulgono in relazioni sessuali innaturali non sono impedite del tutto come agenti procreativi diversamente dagli omosessuali uomini, anche perché l’esperienza mostra che in seguito le donne tornano spesso a relazioni normali”.

«Molta strada resta ancora da percorrere per un pieno riconoscimento dei diritti civili alle persone omosessuali – è il commento di Arcigay –  Nonostante la Carta Costituzionale europea vieti la discriminazione dei cittadini in base all’orientamento sessuale e tanti paesi membri dell’Unione Europea riconoscano eguaglianza giuridica alle coppie omosessuali, in altri paesi questo ancora non avviene, Italia compresa. Ma soprattutto, in molti paesi del mondo l’omosessualità continua ad essere punita con il carcere, anche a vita, o con la pena di morte. A 60 anni dalla caduta del nazismo e della sua folle ideologia, un silenzioso Omocausto continua a mietere le sue vittime».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 27 Gennaio 2017
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