Ricerche sulle farine animali: un utile strumento di prevenzione

All’Ihcp si studiano i metodi per l’individuazione di farine animali nei mangimi. Ad oggi questi studi rappresentano strumenti preziosi di prevenzione contro il dilagare del morbo della mucca pazza. Ce ne parla Christoph von Holst

E’ impossibile ignorare la polemica dei giorni scorsi che ha in pratica accusato la Commissione europea di negligenza per avere invitato negli anni addietro a ridimensionare la crisi mucca pazza. E quando il problema è diventato incontenibile, l’Ue ha messo in campo diverse misure anti-Bse, come i test rapidi e la messa al bando delle farine animali. Il governo italiano dice no alle farine animali in un pacchetto varato dal consiglio dei ministri il 17 novembre. Ma la tempistica sembra inadeguata. La scoperta di un legame fra Bse e mangimi a base di scarti animali risale al dicembre del 1987.

E’ difficile interpretarne l’utilizzo, ma non sono certo gli strumenti a disposizione della comunità a mancare. Un esempio è l’Istituto per la salute e la protezione dei consumatori, l’Ihcp, che ha sede nel sito isprese del centro comune di ricerca. Nell’ambito dei centri comunitari che sostengono l’attività della Commissione Europea, questo istituto si inserisce nell’Unità Prodotti Alimentari e Beni di Consumo, la cui attività consiste nella valutazione e nella convalida di metodi di prova avanzati, nella valutazione di parametri fisici, chimici e biologici fondamentali per assicurare la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari e di altri beni di consumo, fra cui i mangimi animali. Christoph von Holst ricopre all’interno dell’Ihcp la posizione di caposettore.

Quali sono le attività di questo istituto?
"L’Istituto per la Salute e la Protezione dei Consumatori, Institute for Health and Consumer Protection, ha la missione di sostenere le politiche comunitarie in materia di salute e protezione dei consumatori. L’attività dell’IHCP ha come obiettivo principale quello di comprendere a fondo i rischi ed i pericoli di adulteranti presenti in prodotti alimentari, farmaci, prodotti chimici e altre sostanze attraverso lo sviluppo, la convalida e l’impiego di metodi e strategie avanzati di alto livello scientifico".

Lei di cosa si occupa nell’Ihcp?
"Il mio lavoro riguarda principalmente la sicurezza degli alimenti ad uso zootecnico, in particolare è in corso uno studio sulle farine di origine animali e sulla contaminazione da PCB di alimenti in genere".

Quali sono le vostre ricerche e qual è la loro importanza rispetto al Bse?
"Ci stiamo occupando di quattro progetti sulle farine di carne. Il nostro in particolare si propone di evidenziare se le farine di carne siano state trattate alle condizioni stabilite dalla UE. L’importanza di questa ricerca deriva dal fatto che nelle farine trattate secondo la legge, l’infettività del prione è ridotta di diversi ordini di magnitudine. Inoltre stiamo studiando un nuovo metodo per evidenziare la presenza di farine di origine animali nei mangimi. Un metodo come questo, in grado di evidenziare anche piccole contaminazioni di farine di carne è sicuramente di notevole interesse e importanza in uno stato di emergenza quale quello in cui ci troviamo attualmente per quanto concerne il pericolo BSE. Oltre allo studio sui prodotti zootecnici la determinazione della presenza di materiali a rischio si sta studiando anche in alimenti ad uso umano".

In cosa cosa consistono tecnicamente i test a cui lavorate?
"Per quanto riguarda il rispetto dei parametri stabiliti dall’Ue sulle farine animali è stato utilizzato un kit immunoenzimatico, si chiama ELISA ed è disponibile sul mercato, ne è stato cambiato il metodo di utilizzo con il vantaggio di essere in grado di evidenziare farine di carne trattate a temperature inferiori da quelle richieste dalla UE. Per l’individuazione di piccole contaminazioni il metodo è attualmente in fase di studio, il principio su cui si basa è sempre immunoenzimatico. Particolare attenzione è stata dedicata alla fase di estrazione e concentrazione delle proteine di origine animale, poiché questo metodo si prefigge di poter evidenziare la presenza di bassissime  percentuali di composti di origine animale".

In merito all’emergenza mucca pazza vi sono arrivate dalla Commissione richieste specifiche?
"La Commissione ci ha richiesto lo sviluppo di un metodo più veloce per la determinazione della presenza di farine di origine animale in mangimi".

I test rappresentano strumenti di prevenzione. Come vengono utilizzati una volta fuori dal Centro? Sono immessi sul mercato e chi li utilizza?
"I test su cui noi stiamo lavorando possono realmente essere considerati strumenti di prevenzione, poiché assicurando il corretto trattamento delle farine animali o la totale assenza delle stesse nei mangimi è possibile prevenire un ulteriore diffondersi della malattia".

L’Ue ha commissionato nuovi test per individuare il Bse. Dove si stanno studiando?
"La Commissione validerà i metodi prionici utilizzati per la diagnosi della malattia in animali, la validazione verrà effettuata in collaborazione tra il nostro istituto, Ihcp, e l’Irmm di Geel, in Germania. Il nostro istituto sta attualmente validando il metodo per la determinazione della presenza di materiali a rischio in alimenti".

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Gennaio 2001
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