Una risorsa per l’ambiente

Un’iniziativa di Federambiente e Confservizi ha aperto al pubblico le porte, per tre giorni, dell’Accam – per sensibilizzare l’opinione pubblica sul settore ambientale.

Dalla fossa di accumulo dei rifiuti emergono cuspidi come grattacieli di cartoni, cassette di plastiche, cibo avariato, tubetti di dentifricio, tonnellate di immondizia, che alza, insieme alla brezza del vento, un lezzo di marcio insopportabile.
E’ il day after dell’Accam, o meglio l’iniziativa di Federambiente e Confservizi, promossa con lo slogan "venite a vedere ciò che di solito non si vede" nelle aziende che gestiscono in Italia il servizio pubblico. E così è toccato al consorzio Accam, nato nel 1970, per iniziativa di alcuni comuni dell’Alto milanese, precursore in questo campo, prima con lo sviluppo della raccolta differenziata e poi, dal 21 agosto del 2000 con l’impianto di termovalorizzazione nuovo, aprire le porte a grandi e piccini, pubblici e privati per cercare di creare una maggiore sensibilità nazionale sul tema dei servizi pubblici, con particolare riferimento quest’anno al settore ambientale.

La visita guidata agli impianti di termodistruzione, diligentemente spiegata e valorizzata da un ingegnere femmina, giovane, determinata, e precisa, con debito casco antinfortunistico calcato sul capo, è partita dall’impatto visivo più duro, ma anche più realistico: le tonnellate di rifiuto prodotte dai 27 comuni consorziati, che evocano un fantasma futuro difficile da arginare nel caso non si trovi soluzione: la sepoltura, non per una risata, ma sotto l’immondizia.

Nella struttura di via Arconate, il vecchio forno è stato ormai dismesso, e il nuovo impianto offre, oggi, anche una possibilità in più: da rifiuti a risorsa con l’attenzione per l’ambiente.

Infatti oltre 14 milioni di kg l’anno sono costituiti da frazione umida che è avviata alla trasformazione in fertilizzante per gli impianti di compostaggio, mentre circa 90 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani sono bruciati nel termovalorizzatore, con due risultati concreti: lo smaltimento del rifiuto e il recupero energetico per la produzione di energia elettrica, una parte all’Enel e una parte per alimentare la struttura del consorzio.

In pratica i costi per il funzionamento del nuovo termovalorizzatore sono ammortizzati, producendo un residuo solido – la cenere avviata in discarica – che, rispetto ai rifiuti immessi, costituisce il 10% del volume e il 20% in peso, ed un fumo, che sottoposto a processi di depurazione per rimuovere le polveri dannose per l’ambiente – che a detta dei dirigenti – è continuamente controllato per rispettare i parametri di emissioni di fumo imposti dalla Regione Lombardia.

E’ un sistema che dovrebbe mandare in pensione le vecchie discariche, ormai sempre più pericolose per l’ambiente a causa della possibilità di inquinamento della falda acquifera.

Ma è anche un sistema difficile da posizionare in un insediamento abitativo a causa della informazione preconcetta, basata anche su ragioni giuste se si esaminano i vecchi forni, che degenerano spesso in un fronte del No , pronto a levare alti gli scudi contro ogni tipo di inceneritore.

Questo impianto, invece, costruito su due linee parallele, che hanno in comune la fossa di alimentazione dei rifiuti, gli impianti per la gestione dei rifiuti solidi, è interamente gestito da un sistema automatizzato e comandato da operatori dalla sala di controllo che garantisce, anche in caso di incidente gravissimo, lo spegnimento del forno in brevissimo tempo, proprio per un sistema di bloccaggio automatico a step.

In più per l’abbattimento degli inquinati contenuti nei fumi – gli ossidi di azoto, le polveri, i gas acidi, i metalli e i microinquinanti organici – il termoventilatore è dotato di un sistema di depurazione – una torre reattiva abbinata ad un filtro a maniche – che garantisce emissioni al di sotto degli standard europei.

Salute, sicurezza, tutto bene, quindi?

Pare di sì, ma l’handicap del nuovo impianto non è solo nei rischi e nei disastri legati al suo funzionamento. La polemica che, da tempo scuote, la città di Busto, e soprattutto la frazione di Borsano, adiacente all’inceneritore, è la mancata indicazione di un altro bacino di smaltimento all’interno della provincia di Varese. Un accordo, che pareva in dirittura di arrivo, ma che è stato rimesso in discussione, pochi mesi fa, dopo una marcia di protesta dei comuni limitrofi alla nuova designazione di incenerimento. La palla è rimbalzata alla Regione, che ad oggi, da buon Solone, non ha preso le parti di nessuno.

Ed è proprio per questa ragione, che anche alla visita a porte aperte dell’Accam era presente il Comitato "Inceneritore e Ambiente", capitanato da Alessandro Barbaglia, di Borsano.

"L’obiettivo prioritario – spiega – per noi è evitare che sull’inceneritore dell’Accam convergano tutti i rifiuti della provincia di Varese".

Infatti, dopo una "tregua" per permettere, senza estremizzare in modo polemico la tornata elettorale, i rappresentanti del Comitato nel mese di giugno promuoveranno un nuovo incontro con i parlamentari eletti nel collegio sei – Luca Volonté e Antonio Tomassini – i rappresentati della Regione, della Provincia e degli enti locali, per scongiurare il pericolo di "una catastrofe ecologica" – smaltire i rifiuti anche del nord della provincia – per la città.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Maggio 2001
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