Metti una sera a cena con la storia del Varese

Cronaca semiseria di una cena di gala. Raccontata da una che non c’entra nulla

Lo ammetto, non ci capisco quasi niente di calcio, e non mi sarei mai ritrovata alla presentazione del nuovo Varese se un micidiale cocktail di ferie tra i miei più blasonati colleghi sull’argomento non avesse reso disponibile nessun altro di più qualificato di me per questa occasione. Il mondo dello sport è molto diverso, o almeno così credevo, da quello dell’economia o del costume, che mi sono più consoni.

Così, conclusa la manifestazione di presentazione della squadra, per cui in fondo non era necessario altro che essere dotati di occhi, carta e penna, il buffet e la cena seguente si sono presentati inizialmente come piuttosto imbarazzanti, in un ambiente diverso dal mio, con persone per lo più sconosciute a cui non avrei saputo che dire.La fortuna mi ha voluto aiutare, facendomi sedere al primo tavolo che ho incontrato davanti a me, tra signori di diverse età – variabile evidentemente tra i trenta e gli anta (più di quaranta, più di cinquanta) anni.

Ero, ma me ne sono accorta solo dopo il risotto, nel bel mezzo della storia del Varese Calcio. E anche di più, della storia dell’Ignis, e persino un po’ del Milan. Perché da Varese sono transitati campioni straordinari del Calcio, della pallacanestro e persino del pugilato.

Per esempio, Gentile, Il difensore della mitica formazione dell’82 che cominciava così "Zoff, Gentile, Cabrini…" si è fatto le ossa, ed è cresciuto professionalmente nel Varese. "E aveva un papà tremendo: alla fine della partita, con la frotta delle ragazzine fuori degli spogliatoi, Gentile chiedeva al papà: posso andare a mangiare una pizza? Il papà manco rispondeva: alzava un labbro per dire di no e lui tornava a casa con il papà, alla faccia delle ragazzine". E’ Giuseppe Besani, responsabile dell’organizzazione dei medici del Varese a ricordare l’episodio, rintuzzato da un medico mitico della squadra, Luciano Frattini. Uno fa da spalla all’altro per raccontare le storie del Varese quando era glorioso, per lo più sotto la gestione Borghi, dove si è visto e si è vinto tutto il meglio di allora. Ma Frattini ricorda anche quella volta in volo per il Brasile con l’Ignis, dove poi avrebbero intascato la coppa del Mondo, quando Ossola, terrorizzato dal lungo volo aereo, si è seduto di fianco al medico sociale "Perché so che non hai paura" e si è addormentato accanto a lui, che invece di paura ne aveva un sacco e non ha dormito per tutto il tragitto. Di fronte a me invece, in una informalissima maglietta polo azzurra che spicca tra i completi grigi dei suoi commensali, ho invece l’allenatore delle giovanili Gildo Salvadè, che per questa sera è il giocatore che parla con Frattini degli anni passati a Trieste, prima di passare alla direzione tecnica dei ragazzi del Varese. Storie smozzicate, tra un tortino alla melanzana e una crespella al provolone, che ricordano che Varese ha saputo essere grande, nello sport e nell’imprenditoria, nemmeno troppi decenni fa. Che fanno riflettere molto sulle potenzialità sportive ma anche imprenditoriali che nascoste sotto la cenere potrebbero rispuntare ancora da qualche parte nella provincia, sfornando lì per lì un altro Borghi che catapulti sulla scena internazionale la città solo perché è stato capace di pensare e sognare in grande.

E il Milan cosa c’entra? C’entra con il fatto che a fianco a me c’erano i due traumatologi del Varese, Montoli e D’angelo ricercatori nello staff del professor Cherubino, che ha da poco operato Rui Costa e fa da consulente alla squadra rossonera, oltre a quella varesina va da sé, per tutte le questioni ortopediche. E, nel caso di D’Angelo, era proprio di turno quando Costa è arrivato all’ospedale di Circolo, e ha chiesto di guardare la tivù dove aveva appena rilasciato un intervista. La storia, come sempre, parte da lontano ma arriva fino a ieri.

P.S.: Devo un saluto, per quanto hanno contribuito alla piacevolezza della serata e alla mia possibilità di concluderla in tempo, ai lavoratori al catering della cena, preparata dalla locanda del Pumiroeu di Seregno. Chef, camerieri e maître che hanno giocato "fuori casa" per servire un’ottima cena agli ospiti, e tra cui si annidavano persino un tifoso del Como e un giovane giocatore del Lipomo. Come dire: il diavolo pucciato nell’acquasantiera.

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Pubblicato il 29 Agosto 2001
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