Vino doc del Verbano un sogno da coltivare in molti

Il rilancio della viticoltura nel Verbano è stato al centro di un convegno organizzato dall'Amministrazione comunale, che ha visto la sala gremita di viticoltori, curiosi e potenziali autori dell'impresa

Se la prima industria angerese fu la Distilleria Rossi, nata nel 1847 qualcosa vorrà pur dire. Se un convegno sulle viti e il vino nel Verbano riesce a riempire una sala consiliare allora significa che la "chimera" di raggiungere un giorno la denominazione ad origine controllata, suscita quanto meno curiosità. Sicuramente quella dei tanti viticoltori, per hobby e per passione, locali che hanno partecipato ieri sera al convegno organizzato dall’Amministrazione comunale di Angera, la prima a fare da madrina ad un progetto accattivante che  ha visto muovere i primi passi all’inizio di quest’anno.
È stata la Coldiretti a dare l’imprimatur ad un progetto che nella sua fase iniziale ha richiesto da parte di tutti i viticoltori della zona la regolarizzazione delle loro superfici vitate. Ma il convegno di ieri sera non ha voluto essere una relazione sullo stato di avanzamento dei lavori. La sfida futura per questo territorio è grande e necessita di molti autori che ci credano. Lo ha spiegato il coordinatore del convegno, il direttore della Coldiretti Ignazio Bonacina. Molti devono puntare sul rilancio della tradizione vitivinicola: le forze politiche, sociali ed economiche devono essere partner di questo rilancio e i viticoltori dovrebbero cominciare a pensare al vino come prodotto da commercializzare non solo fra parenti ed amici.

"In questo progetto ci siamo imbarcati" ha detto Bonacina, e a salire sull’imbarcazione sono stati anche Confagricoltura e la Cia. Regione, Provincia e Camera di commercio sono gli Enti che dovrebbero in futuro garantire una spinta decisiva al progetto. E alcuni osservatori interessati erano presenti in sala: il vicepresidente della provincia Adelio Poroli, il consigliere regionale, capogruppo di Forza Italia, Gigi Farioli. E chi non c’era se ne è scusato per tempo. Una impresa di questo tenore richiede anche alleanze preziose. Non può che avere fatto piacere dunque la presenza di Bottinelli, che oltre a rappresentante l’Unione Commercianti è anche uno dei principali diffusori dei vini italiani all’estero.
E richiede la complicità delle amministrazioni locali per la salvaguardia di quelle che nei piani regolatori sono indicate come aree agricole.
Gli strumenti urbanistici in mano alle amministrazioni comunali sono mezzi potenti per la salvaguardia e il recupero di attività produttive che rischiano di scomparire. Lo ha spiegato uno dei relatori, Maria Valeria Erba della Facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Un monito per gli amministratori locali, che trova conforto nelle parole del sindaco angerese Vittorio Ponti, e nell’impegno che la sua amministrazione ha posto nell’organizzare l’evento. Ma la strada è comunque lunghissima. A delineare l’iter legislativo e le lunghe tappe da percorrere è stato Paolo Frigo, vicedirettore della Coldiretti di Varese. Alla Commissione che un giorno imprimerà la Doc alla zona del Verbano, occorrerà fornire numerosi requisiti che basano il loro fondamento sulla storia e sulla scienza. I primi sono stati ampiamente delineati da Filippo Maria Gambari della Sovrintendenza archeologica del Piemonte. Un salto lontanissimo nella storia che arriva alla civiltà di Golasecca, che se fino al VII sec. a.c. berrà birra, da quell’epoca in avanti si farà promotrice della diffusione vitivinicola. A delineare il panorama in provincia di Varese in secoli più recenti è stato invece Sergio Redaelli, giornalista e scrittore, che nella sua relazione ha riassunto lo scenario di "Quando a Varese c’era il vino" argomento al quale ha dedicato un libro. I requisiti scientifici sono quelli da elaborare. E lo studio è stato affidato all’agronomo Giuseppe Zatti, che proprio ieri ha svolto la prima ricognizione per definire lo stato dei vitigni e raccogliere i primi campionamenti di uve che serviranno ad elaborare le prime indicazioni sulla via da intraprendere in futuro. E quando sulle nostre tavole si potrà portare il vino doc locale, sapremo anche come accompagnarlo, rivalutando piatti ormai rari come la cipollata di alborelle alla moda di Angera. È stato in conclusione Valerio Bergamini della sezione varesina dell’Ais, l’associazione italiana sommeliers a suggerire i giusti accompagnamenti per la cucina locale.

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Pubblicato il 29 Settembre 2001
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