Tra amministrazione comunale e camera del lavoro è sceso il gelo. Secondo la giunta la ristrutturazione del teatrino del popolo rende necessario spostare tutti gli uffici dello stabile in altra sede, pena la perdita del finanziamento statale. La Cgil contesta questa visione, e ribadisce che una soluzione alternativa é possibile. Dopo l’articolo pubblicato da Varesenews il 18 settembre, la questione é divenuta di dominio pubblico. La Cgil ha inviato una lettera al comune chiedendo lumi sulle dichiarazioni dell’assessore ai lavori pubblici Aldo Simeoni ("metteremo di mezzo l’avvocato"). Il comune non ha ancora riposto ufficialmente. L’unico atto formale dell’amministrazione è stato, appunto, la convocazione di un legale, decisa durante una riunione di giunta. Da qui riparte la vicenda, che si annuncia come un lungo braccio di ferro che avrà ripercussioni sulla vita sociale cittadina. La Cgil ha raccolto un dossier per giustificare la presenza dei proprio uffici nell’edificio di via Palestro. Una ricostruzione che evidenzia la continuità storica tra il sindacato e quell’edificio, costruito nel 1920 grazie a una sottoscrizione operaia organizzata dalla camera del lavoro, e inaugurato il 30 ottobre 1921, con il nome di "Casa del proletariato". Dopo la liberazione, nel 1945, che vide il ritorno della Cgil dopo la quarantena imposta dal ventennio, anche l’edificio tornò all’organizzazione, divenendo in seguito proprietà dell’ente comunale di assistenza. La camera del lavoro rivendica quindi un’appartenenza storica a tutto l’edificio che ospita il teatrino del popolo. "Ma c’é un altro dato importante da sottolineare" spiega Ivana Brunata, segretaria provinciale della Cgil, "non é vero che la nostra presenza mette a repentaglio il finanziamento statale ottenuto per la ristrutturazione del teatrino del popolo". Il sindacato ha infatti presentato un progetto che prevede lo spostamento degli uffici lungo via del popolo, distribuiti su due o tre piani, e ha offerto la copertura finanziaria di circa 350 milioni. Questi lavori, rivela Ivana Brunato, riguardano un’area dello stabile non interessata alla ristrutturazione del teatrino, per la quale sarà attivo il cantiere finanziato dallo stato. Un particolare su cui il sindacato insiste, perché smonterebbe il teorema della giunta secondo la quale la Cgil impedirebbe l’arrivo dei soldi da Roma se continuasse a opporsi allo spostamento di sede. La camera del lavoro spinge quindi per un accordo, ritenendolo vantaggioso per entrambi. Il risultato, a giudizio della segreteria provinciale, sarebbe più che accettabile: non costringerebbe la Cgil a fare le valigie e consentirebbe un’operazione di maquillage su tutto il palazzo. Le posizioni della giunta Mucci, a tutt’oggi, sono ferme a una raccomandata del 6 agosto, in cui si chiedeva lo sgombero dei locali e si proponeva la concessione in cambio di un immobile di 60 mq presso la prima circoscrizione o in alternativa l’edificio dell’ex carcere di via Forze Armate. Due ipotesi che la Cgil ritiene impraticabili a causa dell’ampiezza degli uffici presenti nella sede di Gallarate e delle cattive condizioni dell’ex carcere.
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