“Siamo pienamente degni delle poltrone che ricopriamo”

Il Presidente della Camera di commercio chiarisce la posizione dell'Ente in merito al centro espositivo di Busto

Egregio direttore,

la vicenda del Centro Espositivo Polifunzionale ha assunto contorni tali da impormi, nella mia qualità di presidente della Camera di Commercio, un intervento chiarificatore.

E’ giusto ricordare subito che si tratta di un’iniziativa in cui l’ente ha investito decine di miliardi, unitamente a un sostanzioso contributo dell’Unione Europea. Quest’ultimo subordinato alla fine dei lavori entro il 2001.

Per la localizzazione del Centro, a suo tempo si aprirono le più ampie consultazioni, ponendo l’unico vincolo che sorgesse vicino alla superstrada per Malpensa, a prescindere dal Comune ospitante.

Busto Arsizio offrì un’area ritenuta idonea e fu quindi sottoscritto un accordo di programma tra quel Comune e la Camera di Commercio. A fronte di tale accordo, Busto mise a disposizione 5 e più miliardi, destinati a opere di urbanizzazione, e si impegnò con altri 2 miliardi per il capitale sociale della futura società di gestione.

Nel marzo scorso il Consiglio camerale, riunito in seduta allargata alle associazioni di categoria, definì le linee guida per lo sviluppo della nuova struttura. Sottolineando la valenza di servizio per l’intero territorio provinciale, si previde che – ferma restando la posizione prioritaria della Camera di Commercio – la società di gestione sarebbe stata aperta anche ai Comuni dell’area, oltre che alle associazioni di categoria e alle organizzazioni sindacali. Si decise poi di riservare un posto nel Consiglio d’Amministrazione alla Provincia, attribuendo alla stessa la rappresentanza di tutti gli enti locali che fossero diventati soci. Posto che andava ad aggiungersi a quello spettante, in forza dell’accordo di programma, al Comune di Busto Arsizio.

La Camera di Commercio invitò quindi i Comuni e gli altri enti a dichiarare il proprio interesse alla sottoscrizione di quote di capitale.

Il Comune di Gallarate, in una lettera inviata il 6 luglio, precisò la propria volontà di sottoscrivere fino ad un massimo di 600 milioni. Questo, peraltro, a condizione di poter avere un proprio rappresentante nel Consiglio di Amministrazione.

Tale richiesta modificava l’assetto individuato nelle linee guida approvate dal Consiglio camerale. Ciò nonostante, si ritenne di dimostrare disponibilità verso Gallarate dando mandato al presidente di verificare se la richiesta fosse compatibile con il rispetto dell’accordo di programma a suo tempo sottoscritto con il Comune di Busto Arsizio.

Questo, a cui si sottopose la questione, ritenne che un posto in Consiglio d’Amministrazione per Gallarate si sarebbe giustificato solo se quest’ultimo avesse assunto un impegno economico analogo al suo o se, in caso contrario, si fossero aumentati i posti riservati a Busto.

Si venne così a creare una situazione critica: la richiesta di Gallarate e la conseguente richiesta di Busto Arsizio avrebbero stravolto le linee guida secondo le quali il Consiglio d’Amministrazione della società di gestione avrebbe dovuto essere un organismo assolutamente snello e decisamente pragmatico, innescando quindi un processo che lo avrebbe portato alla pletoricità.

I tempi ormai stretti per la costituzione della società di gestione, non diedero spazio alla ricerca di altre soluzioni. Ne seguì, da parte del sindaco di Gallarate una reazione violenta e, a mio avviso, deprecabile.

Ciò malgrado, la Camera di Commercio si predispose, ancora una volta, a ricercare una soluzione che fosse almeno parzialmente in linea con le direttive a suo tempo approvate e compatibile con la tempistica improcrastinabile.

La nostra Giunta, il 1° ottobre – anche a seguito di tempestiva consultazione di tutte le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio camerale ed evitando di farsi coinvolgere nella polemica suscitata dall’intervento del sindaco di Gallarate – approvò infatti un documento contenente la proposta di aumentare a 3 i rappresentanti degli enti locali nel Consiglio di Amministrazione. Il Comune di Busto Arsizio, quello di Gallarate e la Provincia furono così invitati a trovare al loro interno un accordo.

Il presidente della Provincia si fece carico della mediazione, ma non potè che farci pervenire un documento che non solo non accoglieva in toto le istanze dell’ente, ma addirittura rilanciava con richieste di gradimento da parte degli enti pubblici sulla designazione di consiglieri di amministrazione di spettanza della stessa Camera.

Conseguentemente, il Consiglio camerale ha dovuto prendere atto, con la mancata accettazione delle condizioni richieste, anche del mancato accordo tra i Comuni di Busto Arsizio e di Gallarate.

Questi sono i fatti.

In conclusione resta l’amarezza di aver constatato che – a fronte di un’iniziativa della Camera di Commercio finalizzata al servizio e allo sviluppo dell’intera provincia e a fronte alla nostra disponibilità ad aprirla ai Comuni – si sia dovuto assistere alle solite "kermesse" politiche e a comportamenti e metodi che non sono certamente propri degli organi camerali né di chi li ha espressi.

Agli organi della Camera di Commercio va quindi il riconoscimento di aver operato in totale coerenza e di aver pienamente dimostrato di essere degni delle "poltrone che ricoprono".

Al sindaco di Gallarate, che ha ritenuto – almeno, da quanto apprendo da "La Prealpina" – di ringraziare il presidente della Provincia e il sindaco di Busto Arsizio, devo dire che tali ringraziamenti sono certamente dovuti per lo sforzo da essi compiuto per fargli comprendere che le sue pretese avrebbero dovuto portarsi su un diverso livello. Visto che tale sforzo non è stato compreso, al Sindaco di Gallarate non resta, per il momento, che recitare ancora – come nel 1998 – il "mea culpa".

Angelo Belloli
Presidente della Camera di commercio

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Pubblicato il 19 Ottobre 2001
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