Gli alpini tra vecchie e nuove battaglie

Centinaia di alpini hanno sfilato ieri nelle vie del centro per festeggiare la fondazione del locale gruppo. Le testimonianze di due reduci

E’ stata una bella giornata quella di domenica 23, con l’arrivo all’imbarcadero di Luino dei reduci del battaglione Intra, sbarcati sotto un forte sole per celebrare l’80° anniversario del gruppo di Luino e che hanno sfilato – chi a piedi, chi su automezzi – , per le vie del centro, tra la gente in festa. Al parco Ferrini, poi, il discorso delle autorità e la Messa. Il neo insediatosi presidente del gruppo alpini di Luino Piermarcello Castelli ha spiegato l’importanza di una manifestazione come questa che raccoglie sia i combattenti che le nuove leve, sempre impegnate nella solidarietà e nell’aiuto delle popolazioni bisognose. A riconferma di questo le numerose "missioni" compiute non in divisa ma con la penna nera sempre in testa in diverse aree del nostro paese e all’estero, come confermato dal presidente della sezione alpini di Luino la "Cinquevalli" Alberto Boldrini. Il terremoto del Friuli, gli allagamenti, le esondazioni e ancora gli incendi boschivi, solo per citare alcuni degli interventi al centro dell’attività di questo gruppo di alpini che vanta centinaia di iscritti e una forza di intervento sulle calamità naturali di grande efficacia.

Ora che per fortuna non si spara più, quali sono le nuove battaglie che gli alpini dovranno combattere? abbiamo chiesto ad un reduce dell’ Intra «Quelle per la pace», è stata la risposta. E’ sicuro di quello che dice Elidio Scolari, classe 1914, due occhi azzurri che ne hanno viste di tutti i colori, i fregi dello storico battaglione sul cappello.
Ha combattuto, Scolari, come molti altri reduci del battaglione Intra, nella campagna d’Etiopia, nel 1936, ed è tornato sano e salvo con la sua esperienza da raccontare. Sembra un film il suo racconto, quando «bloccato nella battaglia del Tembien, di fronte alle divisioni imperiali del Negus, fummo riforniti da Indro Montanelli alla testa di un reggimento di ascari…». Oppure quando «vedemmo la paura disegnata nella faccia dei partigiani di Tito, sul fronte balcanico, paura che ferma il tempo e che ti fa vivere durante i combattimenti», come ricorda Giuseppe Maragni, che si scontrò in Montenegro. Entrambi fieri di essere alpini, e che pagarono il dopo 8 settembre con la prigionia o la macchia come avvenne per i più fortunati che tornarono per raccontare.
Sono le storie dei nonni, che mettono la pelle d’oca, ma che non vanno dimenticate, proprio per lo spirito e la convinzione che queste persone hanno profuso, dopo la guerra, per costruire la pace e mantenerla.


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Giugno 2002
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