E il metal detector continua a suonare

Il giorno dopo la tragedia in tribunale tutto è tornato come prima

Il giorno dopo la tragedia tutto è tornato come prima. Il tran tran di avvocati, giudici e utenti è sempre lo stesso. All’ingresso il metal detector continua suonare al passaggio delle persone, nessuno si ferma. Qualcuno ha mantenuto la traiettoria di sempre, spostata a sinistra, in modo da evitarlo completamente. L’unico addetto alla sicurezza è un agente di polizia municipale, che sta sulle scale, pochi metri dopo l’entrata. Saluta, getta uno sguardo qui e là, controlla per quello che puo’. «Questo posto è un colabrodo – dice Giovanni De Carli-. Io da solo non posso controllare tutto, entra tantissima gente e ci vorrebbe una presenza fissa alla macchina all’entrata e soprattutto più agenti. Senza contare poi le entrate laterali e le uscite di sicurezza, se uno si appoggia alla maniglia antipanico apre un altro varco». Un fattorino entra con un pacco di grandi dimensioni, che potrebbe contenere di tutto. Sfila tranquillamente nell’atrio e si avvia verso le aule penali. «Con loro c’è un rapporto di fiducia. Chi fa le consegne sono sempre le stesse persone e sono conosciute. Comunque occorre ripristinare la sicurezza all’entrata. Un meccanismo che debba valere per tutti, compresi gli operatori. Se arriva un avvocato, specialmente se non conosciuto, che ne so io che questo non sia un pazzo». 

Ma a chi spetta l’organizzazione della sicurezza in tribunale? la querelle riguarda due soggetti: la procura generale e il responsabile dell’ufficio giudiziario. Dai piani alti del palazzo giungono solo dei no-comment, e rimandano la questione alle sedi opportune. Nel frattempo Marco Airaghi, deputato di An, ha fatto un’interrogazione parlamentare sul caso. 
Il problema della sicurezza rimane e la sequenza degli ultimi avvenimenti (il caso di Ponte Tresa e l’aggressione ai danni di un avvocato avvenuta a Varese nel luglio scorso), non fa altro che confermare la situazione di pericolo. 
«In altri tribunali – dice l’avvocato Marco Natola, sfuggito  per caso ad un’aggressione – la sicurezza è organizzata. A Lecco, per esempio, i controlli sono molto rigorosi. In questa situazione bisogna fare i conti anche con alcuni aspetti psicologici. Oggi prevale il gesto emulativo e chi decide di entrare in un tribunale con una pistola vuole mettere in atto qualcosa di eclatante e a questo punto tutti sono in pericolo, compresi i magistrati. Nel caso di Ponte Tresa il bilancio poteva essere più pesante. Qui a Varese ci sono stati negli ultimi tempi degli episodi preoccupanti, a volte sottovalutati o liquidati come tensioni famigliari. Io stesso più volte in udienza ho richiesto la presenza delle forze dell’ordine».


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Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Settembre 2002
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