«Ecco le magagne di Varese»

Tour guidato dei consiglieri dell'Ulivo tra le infrastrutture mai realizzate e le aree degradate della città

L’ammiraglia dell’Ulivo alle 10 e 30 è pronta a partire. Cinque le tappe previste: piazza Monte Grappa, caserma Garibaldi, stazioni ferroviarie, macello civico e Castello di Belforte. Un mini tour nelle magagne di Varese o il tour «delle promesse non mantenute», come affermano in coro i consiglieri comunali Alessandro Alfieri, Emiliano Cacioppo, Fabrizio Mirabelli e Cesare Montalbetti. «Una bulimia di conferenze stampa del sindaco Fumagalli – esordisce Alfieri – a cui non è seguito mai nulla. Sono stati annunciati a più riprese interventi sulle infrastrutture, che puntualmente questa amministrazione non ha mai realizzato». 

La prima magagna è proprio Piazza Monte Grappa. «In approvazione di bilancio – spiega Cacioppo – hanno portato il progetto dell’architetto Morandini, salvo poi approvare un’altra cosa e stravolgerlo con il piano di viabilità. Questa non è un’area pedonale, per renderla tale bisogna avere il coraggio di chiudere via  Bernascone e prendere in considerazione la possibilità di bloccare anche piazza della Motta. Inoltre gli effetti deleteri della viabilità vengono fatti scontare solo ad una parte della popolazione. Andate a chiedere agli abitanti di via Cavour cosa ne pensano».
Pronti, partenza e via, destinazione caserma Garibaldi, ma, superata la camera di commercio, il pulmino resta imbottigliato in via degli Alpini.


Seconda magagna: Caserma Garibaldi. L’immagine decrepita, scrostata e decadente del vecchio e austero edificio stride con tutto il nuovo che ha di fronte. «Hanno annunciato a più riprese e in più occasioni di aver acquistato l’immobile – esclama Mirabelli –, ma da un anno a questa parte non se ne parla più, perché non è stato acquistato un bel niente. La ragione è semplice: quella struttura è sottoposta a vincolo dalla soprintendenza ai beni culturali e non si puo’ toccare. L’assessore Soletta ha detto che l’acquisizione della caserma avverrà solo a condizione che possa essere abbattuta, come dire che non c’è alcuna volontà di acquistarla. Si è detto inoltre che lì si farà il teatro, ma come pensano di farlo se devono mantenere intatte le mura esterne?».

Terza magagna: le stazioni Nord e Stato. «Le ferrovie sono la prova provata – dice Alfieri – che questa amministrazione sulle infrastrutture è completamente ferma da anni. È chiaro, e la recente assemblea di Confindustria lo ha sottolineato, che bisogna individuare le priorità sul territorio e fare sistema, ma questa maggioranza non è in grado di farlo. Le sinergie economiche con i privati sono state un cavallo di battaglia del Polo, ma nessuno, fino ad ora, ha visto alleanze strategiche e il degrado continua. In più c’è una mozione di settembre votata all’unanimità sul recupero estetico e funzionale delle stazioni a cui non è seguito nulla». 
Sulle stazioni, secondo i consiglieri dell’Ulivo, le promesse si sono sprecate: dall’interramento, al raccordo con l’autostrada, all’unificazione, alla riqualificazione generale. Alfieri tira fuori di tasca una brochure elettorale di Fumagalli e indica con il dito il punto programmatico riguardante il nodo ferroviario. «Questa è una promessa mai mantenuta, un danno per l’economia e un danno per l’immagine della città. Si sbandiera ormai da tempo Varese città turistica, mi chiedo cosa pensa un viaggiatore appena scende dal treno, dubito che ci ritorni».

Quarta magagna: l’area dell’ex macello civico. Nessun controllo all’entrata. È un vero macello. C’è di tutto: erbacce alte, vetri rotti, deposito di mezzi, ma anche di inerti e rottami di ogni genere, persino il busto di Umberto "il buono" riverso faccia in terra. Accanto al lavaggio stomaci, al reparto trippe e pelli c’è un mondo variegato e preoccupante per lo stato di abbandono in cui versa. L’area doveva essere riqualificata sulla base di un progetto che prevedeva il nuovo liceo artistico. Tramontato il progetto l’ex macello è in attesa di una decisione. «Questa è un’area a rischio – dice Mirabelli – perché qui ci sono concentrati 4300 metri quadri di eternit, che doveva essere smaltito, ma secondo l’amministrazione comunale 500 milioni di lire erano troppi e l’eternit, nonostante il rischio ambientale, è ancora qua. Però se un privato ha un solo metro quadro di eternit si prende una multa salata. Poi quest’area è stata destinata a deposito provvisorio dell’AVT. Potete immaginare il bell’effetto per i cittadini di questa zona che all’alba sentono il rombo dei pullman che scaldano i motori. Doveva essere provvisorio ed è ancora qui. Inoltre c’è la massicciata della ferrovia che viene erosa dall’acqua noi abbiamo avvertito anche la Regione, ma nessuno si muove ». Nessun controllo all’uscita.

Quinta magagna: il Castello di Belforte. La situazione dell’antico maniero (vi dimorò il Barbarossa) è a dir poco disperata. Ormai chiuso da tempo è crollato dentro e fuori. Alcuni ponteggi, segno di una piccola volontà e di un discreto sponsor, fanno finta di fare sicurezza. L’ultima frana, disastrosa, ha bloccato la strada interna, al punto che quando piove si forma una vera diga e per raggiungere il caseggiato occorre passare dalla strada esterno. Lo spettacolo dell’ala duecentesca è deprimente: si intuisce una bellezza ormai irrecuperabile. Frammenti di affreschi e colonne divelte «e tutto quello che si sono portati via», aggiunge Mirabelli. 
«Il castello di Belforte – conclude Emiliano Cacioppo – era un’occasione unica per fare un discorso serio sulla storia del nostro territorio. Anziché mettere i cartelli elettronici in dialetto, perdipiù sbagliati, se questa amministrazione avesse avuto veramente a cuore le tradizioni non lo avrebbe lasciato cadere a pezzi».


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Pubblicato il 30 Maggio 2003
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