Le ragioni “degli altri”. L’imam sale in cattedra

In una affollata assemblea studentesca al liceo Pascoli, faccia a faccia fra l'imam Mohamed el Mahfoudi e il sindaco Nicola Mucci

Tutti in attesa dell’imam di Gallarate. Un migliaio di  studenti del liceo Pascoli  hanno affollato una inusuale assemblea dedicata alla questione della moschea di via Peschiera. Un incontro voluto dagli stessi studenti che ha avuto nel leader della comunità islamica gallaratese la presenza più significativa e insolita. Una "giornata particolare" cui non hanno voluto mancare i vertici dell’amministrazione: il sindaco Nicola Mucci, arrivato a metà mattinata, si è aggiunto ad un già ampio tavolo di relatori, moderato da Roberto Rotondo, da anni cronista puntuale dalle pagine di Varesenews delle vicende burocratiche della moschea e delle sue derive giudiziarie: al suo fianco, il vice sindaco di Gallarate Paolo Caravati, l’avvocato Mauro Fabbri, il professor Ronchi docente all’università del Melo, Paolo Gasparoli del Coordinamento Pace e Solidarietà di Gallarate e appunto Mohamed el Mahfoudi, l’imam, accompagnato dal portavoce della comunità islamica Samuel Baroudi e da Hamid El Khartaoui, responsabile amministrativo della moschea.  

L’incontro ha chiarito agli studenti i contorni di un dibattito in atto da tempo, culminando sul finale in una vivace schermaglia tra i fronti cui i ragazzi non hanno fatto mancare il proprio contributo.  
«Quello della moschea è un problema normativo – ha chiarito Caravati (nella foto sotto a sinistra con Rotondo) che della giunta cittadina è anche assessore alla sicurezza in quota AN – sorto dalle tante proteste dei cittadini della zona di Cedrate e di una interrogazione comunale presentata da un partito di maggioranza. Ci sono problemi di messa in sicurezza dello stabile e di destinazione d’uso dell’edificio che non prevede né una moschea né un centro culturale o come lo si voglia chiamare». 
Il vicesindaco ripercorre a beneficio dei ragazzi l’iter della vicenda, fino alle richieste d’aiuto ai sindaci dei comuni limitrofi e al prefetto. «L’amministrazione si è sentita abbandonata – conclude – nessun comune ha offerto nuove soluzioni e, viste le disposizioni prefettizie, l’ordinanza di chiusura è l’unica strada percorribile».
«Di variazioni alle destinazioni d’uso a Gallarate se ne fanno a decine in un anno – ribatte Gasparoli – come mai non in questo caso?». L’esponente del Coordinamento Pace e Solidarietà ricorda le iniziative svolte per integrare le due comunità. «Il problema – sintetizza senza mai citare la Lega Nord – è che all’interno della maggioranza ci sono precise volontà politiche di non risolvere la questione». 


È il momento di Mucci, arrivato a dibattito in corso. Il sindaco ricorda che spetta al proprietario dell’immobile presentare la richiesta di variazione d’uso. «Non ci è mai arrivata – sottolinea il primo cittadino – e ci risulta che non intenda farlo. Ma ribadisco la volontà dell’amministrazione di dialogare con la comunità islamica sulla base di nuove proposte che ci verranno presentate. A patto che isolino, assolutamente, tutti gli elementi che possono avere legami col terrorismo». 
All’arrivo dell’imam (nella foto insieme a Samuel Baroudi) è Rotondo a porre la questione in termini più franchi: «Siamo qui anche per comprendere se l’imam sia un terrorista o un’innocente che è stato incastrato o semplicemente un "pastore" che ha scelto di compiere azioni discutibili per salvare suoi fratelli dalla clandestinità». La replica di Mahfoudi, geometra marocchino, dal ’91 in Italia con regolare permesso di soggiorno, è una dignitosa difesa del "mestiere" di imam: «Come per i cattolici, se qualcuno bussa alla tua porta e ti chiede una via di salvezza, l’imam deve saperla offrire». 
Mahfoudi racconta il suo personale interessamento alla vicenda di alcuni clandestini, l’attività per cui è stato accusato di fiancheggiamento. 
«Ma nella nostra modesta moschea  – conclude – abbiamo sempre parlato di calma e moderazione, abbiamo sempre isolato il radicalismo. Gallarate, anche per causa mia, è diventata famosa nel mondo. Ora io e tutti voi dobbiamo lavorare per rendere questa città migliore e più serena». 
Anche gli studenti vogliono dire a loro: un interrogativo su tutti: perché in tanti uccidono e si uccidono in nome dell’Islam se l’Islam è per la pace? «Perché alcuni interpretano in modo sbagliato il Corano» risponde Baroudi. 
Applausi alla fine, per tutti. Premiato, sopratutto, il clima civile e il reciproco invito al rispetto e al dialogo.  

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Febbraio 2004
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