La gogna non è mai nei nostri sogni
Sugli spalti della curva al palazzetto, prima della partita con Siena, alcuni tifosi varesini alzavano uno striscione con la scritta “Pedofili ai Miogni? Alla gogna nei nostri sogni!”
Una reazione chiara e lapidaria sui fatti di cronaca dei giorni scorsi che hanno portato in carcere due varesini molto noti nel mondo del basket.
Varese è anche questo, ma non solo.
Nei giorni scorsi ci sono arrivate molte email. Riflessioni per lo più pacate, ma anche autentiche prese di posizione a favore di almeno uno degli indagati. Molti si rivolgono a lui chiamandolo per nome e raccontandone gesta meritevoli di elogi e non certo di condanne.
Stupore, anche un po’ di angoscia pervadono altre lettere. Chi scrive non giustifica, al più si interroga sperando che la verità non sia quella raccontata dai giornali.
E così arriviamo al nostro lavoro. Ci sono momenti in cui è difficile fare i giornalisti. È difficile perché ci si dibatte su due piani molto diversi e spesso in conflitto: il diritto di informazione, che significa non tacere mai le notizie, e l’attenzione alle persone coinvolte.
In due email emerge con forza la stizza verso il nostro lavoro. “Prima di scrivere certe cose bisognerebbe sapere tutta la verità” ed anche “il rischio più grosso è quello che venga fatta una “caccia al mostro””.
Hanno ragione questi lettori. Nessuno deve sostituirsi alla Magistratura e sarà solo quella a poter fornire prove e a istituire eventuali processi.
Ci sentiamo però di dire che in questo specifico caso le fonti dirette di informazioni sono state così precise e circostanziate che non lasciavano tanti spazi al dubbio.
Comunque un altro lettore ha colto in pieno una questione che va oltre il caso dei due arrestati.
“Che diritto ha la società, questa società (!), di esporre alla pubblica gogna gli indagati e le loro famiglie?”, si domanda un lettore.
Finché non si è fatta piena luce nessuno, anche se la gogna resta nei sogni di qualcuno.
Da parte nostra abbiamo il dovere di informare e in casi così delicati di essere anche catalizzatori di un dibattito profondo, importante. Un dibattito che aiuti a riflettere prima ancora che a condannare. È solo così che una comunità può crescere e affrontare con serenità anche i momenti più tristi.
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