Sciopero, in piazza 1.500 persone

Al comizio gli interventi dei diversi sidacalisti che hanno più volte evidenziato che «Questo governo deve andare a casa»

Piazza San Magno, nel cuore di Legnano, ha ospitato, al termine del corteo per le vie del centro cittadino, il comizio sindacale per la manifestazione di questa mattina, che ha interessato oltre un migliaio di lavoratori del comprensorio Legnano-Magenta. Il pubblico si è diradato, soprattutto a causa del fatto che molti lavoratori, venuti con appositi pullmann da tutto il territorio, dovevano rientrare; ma i presenti in piazza si contavano comunque a centinaia.

Ad introdurre le tematiche del comizio è stato il segretario territoriale Uil Antonino Crò (erano presenti anche i suoi colleghi della Cgil Primo Minelli e della Cisl Lorenzo Todeschini) «Questo governo deve andare a casa» ha esordito Crò tra uno scrosciare di applausi. «Il nostro sciopero generale testimonia il malessere dei lavoratori a causa delle scelte sbagliate del governo, che sta smantellando lo Stato sociale». Lotta al carovita e all’evasione fiscale, rilancio dello sviluppo economico, recupero del fiscal drag, salvataggio dello Stato sociale e dell’istruzione pubblica: questi sono gli obiettivi dei sindacati confederali. «Dobbiamo salvare il nostro futuro» ha sintetizzato Crò, lasciando quindi la parola al rappresentante dei pensionati Cisl Alessandro Grancini.

Come c’era da attendersi, Grancini non è stato mite nelle sue considerazioni. «I pensionati sono contro il governo, bisogna cambiare questa finanziaria che cerca di risolvere i problemi con gli slogan pubblicitari». La crisi economica è stata evocata quale spettro, anzi quale realtà quotidiana del Paese: «Da tre anni l’azienda Italia non vende più, le aziende chiudono e delocalizzano, i lavoratori si ritrovano a spasso o in cassa integrazione. I pensionati vedono il loro potere d’acquisto falciato dalla disonestà di chi ha alzato i prezzi approfittando dell’introduzione dell’euro» ha detto Grancini. In queste condizioni, sostiene l’esponente Cisl, tagliare le tasse (ai ricchi, beninteso) è «un’offesa ai pensionati e ai lavoratori che le hanno sempre pagate». A detta di Grancini «Il governo descrive un’Italia che non c’é, nascondendo i problemi reali dietro gli spot».

17 milioni di pensionati, di cui oltre 10 con più di 65 anni: questa la realtà del mondo dei pensionati in Italia. «Vogliamo l’aumento della pensione minima ad un milione di vecchie lire – 536 euro – per tutti» ha reclamato Grancini, richiamando una vecchia promessa di Berlusconi mantenuta solo a metà.
Infine l’affondo più duro: «Dal governo gridano alle scelte epocali, e queste lo sono, ma solo nella misura in cui distruggono la nostra libertà».

L’intervento conclusivo è stato quello di Nicola Nicolosi, della segreteria regionale lombarda della Cgil. «I sindacati confederali rappresentano la parte più sana e operosa del Paese» ha dichiarato Nicolosi. «Vogliamo un cambio di indirizzo nella politica, ma questo governo è sordo, anzi peggio, non vuole sentire. Non è con più mercato che usciremo dalla perdurante crisi, serve anche e soprattutto l’intervento pubblico a sostegno dell’economia». A questo punto, Nicolosi ha attaccato il sitema economico italiano, a suo dire malato di «nanismo» dopo la scomparsa di quasi tutte le grandi aziende, mentre le piccole, che dieci anni fa tutti portavano in palmo di mano, non riescono più a competere sui mercati globali. «In una situazione così seria, cosa fa il governo? Favorisce i furbi. E la povertà cresce, anche tra chi lavora». Necessario dunque, nell’ottica dei sindacati, rinegoziare i contratti collettivi di lavoro, dal pubblico ai metalmeccanici e a tutte le categorie produttive, anche perchè il divario tra chi ha e chi non ha si è fatto «inaccettabile».

«Se pensano che dopo questo sciopero le acque si calmeranno e tutto tornerà come prima, si sbagliano. La nostra conflittualità non scemerà, anzi!» ha continuato Nicolosi, ricordando che la Finanziaria non investe nella spesa sociale, che le decantate Grandi Opere sono in gran parte ferme per mancanza di fondi e che gli enti locali si vedono arrivare sempre meno soldi dallo Stato.

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Pubblicato il 30 Novembre 2004
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