Un normale 2004 di una provincia tranquilla. Malgrado le Bestie di Satana

Il criminologo Massimo Picozzi fa il punto dell’anno trascorso

Il master in criminologia forense  di cui è coordinatore è l’unico a cui collabora direttamente la polizia di stato. Fa parte della task force nazionale impegnata a studiare i serial killer, ed è inoltre recentemente diventato quasi una star della tivù dopo le sue collaborazioni con Carlo Lucarelli – col quale ha anche appena pubblicato un libro, “Serial Killer” – e la nuovissima trasmissione “Giallo 1”, condotta da Irene Pivetti, che gode della sua collaborazione. Massimo Picozzi però è innanzitutto un criminologo, professore alla Liuc di Castellanza, profondamente legato al territorio in cui vive  – il nostro – che lo chiama a collaborare per dare spiegazione ai suoi misteri di cronaca nera.

A lui perciò abbiamo chiesto di tracciare il quadro di questo 2004, dal punto di vista criminologico, in provincia partendo dal caso che ha portato le nostre zone più volte e tristemente alla ribalta delle cronache nazionali di quest’anno: quello delle "Bestie di Satana", riguardo cui innanzitutto chiediamo se si tratta di un caso emblematico della "modernità ".

«E’ emblematico innanzitutto di quanto sia pessima la categoria dei giornalisti – commenta ironicamente Picozzi – Da quando è scoppiato il caso, i cronisti si sono sguinzagliati alla ricerca dei satanismi in giro per l’Italia. Ne hanno parlato in tutte le salse, ma alla fine si sono accorti che di satanismi veri non ce n’è: c’era solo un gruppo di ragazzi alla ricerca di prove estreme. Così alla fine, dal punto di vista mediatico, dopo che per mesi si è cercato di altri casi di induzione al delitto, la storia si è sgonfiata, non se n’è più parlato con tanto accanimento. Fortunatamente, direi»

L’impressione è che tutto questo interesse alla storia satanica la veda scettico…
«Sì, sono decisamente sul versante scettico: non esistono in tutto il mondo prove di delitti satanico rituali, figurarsi a parlare di satanismo per questi qua… Gruppi come quelli delle Bestie di Satana rientrano nei casi di "satanismo acido": tipi che si trovano e, magari aiutandosi con sostanze pesanti, cercano un ruolo all’interno di una vita povera di stimoli e di valori. Non voglio naturalmente sottostimare un caso gravissimo, l’unico caso di omicidio plurimo a sfondo satanico in Italia. Ma è, innanzitutto, un caso isolato. Si può fare una valutazione generale davanti a dati che segnalano un alto numero di reati legati alla droga o allo sfruttamento della prostituzione, oppure famigliari. Questo però è solo un caso, grave quanto si vuole, ma singolo. La verità è che in fondo noi qui stiamo bene. Casi del genere non avallano affatto l’ipotesi di un allarme sociale, di una aumentata pericolosità del vivere qui: questi casi clamorosi restano isolati, il problema è altrove. Pensi ai delitti giovanili: fanno tanto scalpore, se ne parla tanto, ma in tutta Italia ce ne saranno meno di 10 all’anno. Però poi, inseguendo questi delitti, non ci occupiamo invece del bullismo nelle scuole: ed è questo invece che può produrre i potenziali realizzatori di delitti di domani. Quello che deve preoccupare davvero è l’erosone continua dei valori, quella piccola ma quotidiana espressione dell’aggressività e del sopruso che sta prendendo piede e sta diventando forma privilegiata di comunicazione: una tendenza che spaventa e aumenta i rischi di tensione e di intolleranza»

Quello delle Bestie di Satana è allora un caso che fa emergere, come si è detto, una certa provincia a cui anche la nostra appartiene?
«Guardi, lo scenario delle Bestie di Satana è, per luoghi in cui è maturato il delitto, innanzitutto milanese. Inoltre i ragazzi coinvolti non erano ricchi annoiati, né tipi con storie famigliari traumatiche alle spalle. Facevano parte di paesi della cintura, avevano genitori operai, non avevano studiato. Un quadro che racconta più della povertà di valori che della facoltà della provincia di creare delitti. Un altro mito, decisamente da sfatare: perché di omicidi maturati in ambienti della provincia ricca italiana ci sono davvero pochi casi, che non inducono davvero ad alcuna lettura generale della situazione»

E dell’altro delitto dell’anno, quello dell’uomo di Busto che ha ucciso i due figli, pensa ci sia da trarre qualche conclusione?
«Non ho ancora molti elementi per parlare del caso in particolare, poichè lo studio sulla persona è ancora in una fase iniziale. Comincia proprio ora, infatti, la perizia: più precisamente il 4 gennaio. L’unica cosa da segnalare per ora è che quell’uomo aveva già dato qualche segnale precedente di difficoltà psicologica, quando ha avuto problemi di lavoro. Il caso però mi ha riportato alla memoria un altro simile che ho vissuto a Busto: un uomo che aveva scaraventato il figlio dalla finestra per fare dispetto alla moglie separata. In entrambi i casi il delitto è maturato in una situazione di separazione, e in entrambi i casi si è evidenziata quella che ormai è una costante: che sempre più spesso sono i figli a pagare, anche concretamente nei delitti famigliari, il prezzo della separazione dei genitori. Vengono insomma messi in mezzo, anche nei modi più tragici»

Dovendo tirare le somme per il 2004 a parte questi due casi di delitti eclatanti la situazione in provincia, nel 2004 sembra sostanzialmente tranquilla…
«Checchè se ne dica, qui la situazione è sempre sostanzialmente tranquilla. In anni più intensi di quello passato si può parlare di 4 o 5 delittti importanti, non di più. Non c’è allarme sociale per gli omicidi. E, a dire il vero, è un dato in tutta Italia che nel 2004 i delitti non sono aumentati. Anche se so già che le statistiche prossime dell’Eurispes invece diranno il contrario: solo e perchè non si sono ancora decisi a scorporare i delitti comuni da quelli per mafia o camorra. Se pensa a quello che sta succedendo a Napoli, qualunque media nazionale verrà stravolta: ma quello è un caso particolare, da trattare diversamente rispetto ai delitti comuni, che invece non sono affatto in ascesa».

 

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Pubblicato il 31 Dicembre 2004
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