Come la Fenice, la poesia risorge con la musica

La casa editrice LietoColle ha pubblicato una raccolta di poesie del giovane varesino Thomas Maria Croce

Non sono l’unico a pensare che, in un mondo che non ascolta più i poeti, la poesia non può che sopravvivere attraverso la musica. Chi leggerà il nuovo libro del varesino Thomas Maria Croce, "Fenice dalla cenere", di certo non potrà che avvicinarsi a questa idea. Questo volumetto, edito da LietoColle, racchiude ventisette liriche, tutte potenziali canzoni. Sarà per la metrica particolarmente assoggettata al ritmo, o per la continua alternanza tra tre lingue all’interno di una stessa poesia (italiano, inglese e tedesco),in ogni caso la ricerca di un effetto musicale è sicuramente evidente.

Ma a ricordarci una canzone è anche la grande modernità dei versi del giovane scrittore. Il linguaggio di Croce, infatti, continua ad oscillare tra la disarmante semplicità e l’aulico della contemporaneità (quello che trabocca da versi come "cortometraggio di foglie sfilerà", per intenderci). Proprio attraverso questo stile, lo stesso poeta palesa costantemente il suo riferimento continuo alla melodia, intesa come ritmo vitale. Ovviamente in questi tempi frenetici, e fatti di routine, la nostra colonna sonora non poteva che essere un brano di musica techno, in "Tavolozza in movimento" infatti leggiamo: "Verrà il tempo di suonare / le marce techno della mia gioventù / un lungo requiem elettronico". Questo solo per sottolineare come sia difficile trovare qualcosa di più moderno di questo continuo riferimento agli estremismi della nostra cultura.

Il sentimento globale che scaturisce dallo stile di scrittura è ben espresso dal titolo scelto: una serie di oggetti, tanto naturali quanto urbani, si fonde in accostamenti che hanno quasi dal visionario. Ma da questa fusione, proprio come per Fenice, risorge un’immagine vivida ed emozionante. E’ proprio come per la musica: una serie di note, singolarmente poco significative, si uniscono in una melodia che, nel suo complesso, riesce a provocare emozioni.

Tuttavia, un altro carattere determinante delle poesie racchiuse in questo libro sta, come già accennato, nel loro poliglottismo. Croce cambia continuamente lingua nelle sue liriche, passando repentinamente dall’italiano all’inglese o al tedesco. Come sottolinea efficacemente Alda Merini, nel prologo da lei scritto, questo mezzo consente di innalzare istantaneamente l’effetto mistico della lirica. Qualunque lingua per noi straniera, anche se la conosciamo ormai perfettamente, non può perdere quel carattere affascinante dato dall’interpretazione a livello inconscio. Forse, però, l’applicazione sistematica di questa alternanza, per quanto interessante, può perdere gradualmente di originalità ed efficacia. La cosa può risultare ancora più complessa per un lettore non sufficientemente poliglotta: nonostante in fondo al libro ci sia una traduzione fedele dei versi, in fatti, il continuo rimando ad altre pagine potrebbe compromettere il ritmo stesso della lettura, tanto importante per Croce.

Tuttavia anche questo libro, come tutto quello che fa Croce, è evidentemente sperimentale. E come tutto ciò che è sperimentale trova la sua bellezza nelle sue imperfezioni. In definitiva, "Fenice dalla cenere" non è solo un libro, ma un’esperienza da provare.

Thomas Maria Croce
"Fenice dalla cenere"
LietoColle

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Aprile 2005
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