Sotto la neve il cuore della tigre
Una favola moderna per il nuovo film del comico toscano, scritto con Vincenzo Cerami. A tratti prevedibile, ma sempre intenso
Una favola, leggera, profonda, originale, ma soprattutto moderna. Non è semplice raccontare le favole anche se il bagaglio culturale europeo ne è pieno, ma Benigni e Cerami con La tigre e la neve riescono a confezionarne una, tanto dolce quanto vera. La tigre e la neve è un film che fin dal suo inizio definisce subito l’essenza del suo racconto: l’irrealtà. Irrealtà presente nelle tante imperfezioni, narrative e di montaggio; imperfezioni volute, cercate, studiate. Benigni non vuole mai confezionare un film perfetto, non è sua intenzione, per lui viene prima il messaggio, il contenuto e, come sempre, l’amore in ogni sua forma, manifestazione, pensiero. La sua guerra è sempre quella per la vita, come quella di un uomo imbottito di medicinali (destinati a salvare vite) che si ritrova a un posto di blocco scambiato per un kamikaze.
Benigni con la collaborazione del grande Vincenzo Cerami costruisce una favola moderna, con chiari riferimenti all’attualità, non solo con la guerra in Iraq, utilizzata come sfondo per tutta la parte centrale del film, ma anche con i riferimenti alla famiglia, alla società, alla difficoltà di essere genitori e di amare la propria metà, all’incapacità di essere se stessi, di manifestare con le parole i propri sentimenti (quando si è felici e gli altri non lo capiscono non è colpa di chi ascolta, ma di chi non ha saputo comunicare adeguatamente la propria felicità).
Con la storia del poeta Attilio che per amore finisce persino nell’inferno dell’Iraq, aiutato da un amico poeta, Benigni racconta la guerra come mancanza di comunicazione d’amore. A suo modo: originale, distaccato, semplice e articolato alla stesso tempo. Semplice perché, di per sé, la guerra è banale, articolato perché non è poi così semplice fermarla.
Il paragone con La vita è bella è inevitabile, lo fanno tutti, ma non per questo si deve cadere nella trappola del confronto, se ne esce solo delusi. La vita è bella aveva sì quella marcia in più, ma aveva dalla sua parte l’elaborazione di mezzo secolo di storia. Questa volta Benigni prende dall’attualità, rischiando molto, ma allo stesso modo riesce a toccare il cuore degli spettatori. Con una storia per certi versi prevedibile, ma non per questo brutta, solo sincera e piena di speranza. Non arrendevole, ma combattiva. Esilarante in molti momenti, ma commovente in molti altri. Perché il cinema non è solo saper raccontare, è il cuore delle storie, tra immagini e soprattutto parole. È il cuore delle favole.
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