Le Bustecche “Il quartiere che non c’era”
Un lavoro di ricerca durato quasi due anni a cura di Auser Varese e Istituto Storico Varesino “Luigi Ambrosoli e pubblicato in un libro
Raccontare la storia di un quartiere della nostra città partendo dalla memoria dei suoi abitanti. Con questo scopo è stato scritto “Il quartiere che non c’era, Storia e storie delle Bustecche di Varese: da zona rurale a quartiere popolare”. Un lavoro che ha impegnato Istituto Storico Luigi Ambrosoli e i volontari dell’Auser Varese per quasi due anni. Le Bustecche in origine erano una zona agricola. Il nome deriva da quello di alcune cascine qui si collocavano: Cascina Bustecche e Bustecca Mentastini.
Da zona rurale divenne poi un grosso quartiere popolare. Il boom economico degli anni ’50 e ’60 infatti aveva interessato Varese come altre città della Lombardia. Uno sviluppo strettamente connesso all’intensificarsi del flusso migratorio verso la nostra provincia. L’esigenza di alloggi era molto sentita e per questo motivo si cominciò a pensare ad un vasto piano di edilizia popolare, in attuazione della legge 167 del 1967 che ne favoriva la realizzazione da parte dei Comuni. La zona delle Bustecche venne subito individuata come ideale. Prese così il via, intorno al 1976, la costruzione degli edifici, seguita, con un certo ritardo, dalla fornitura di servizi e infrastrutture.
Cosa significò per i varesini di vecchia data la creazione di questo grande quartiere popolare? Quali problemi di integrazione dovettero affrontare gli immigrati che qui si stabilirono?
Il lavoro curato dallo storico Enzo Rosario Laforgia, dell’Istituto storico “Luigi Ambrosoli”, cerca di rispondere a questi interrogativi utilizzando lo strumento dell’intervista a protagonisti e comparse di questa vicenda. L’obiettivo dei promotori del progetto è chiaro: ridare centralità alla “cultura del ricordo” con la consapevolezza del ruolo importante che la memoria gioca nello sviluppo culturale di una comunità.
«Il lavoro è stato lungo. Abbiamo sbobinato ore ed ore di conversazioni» fa sapere Alice, una delle volontarie che era in servizio presso l’Auser di Varese. I risultati giustificano questo impegno. “Il quartiere che non c’era” coniuga in maniera equilibrata l’immediatezza e la genuinità della testimonianza diretta, con la completezza del resoconto storico. Accanto alle voci degli esperti, come lo storico Laforgia, l’urbanista Michela Barzi, l’architetto Benigno Cuccuru, il resposabile della cooperativa "Nuova urbanistica", Rocco Cordì, ci sono anche quelle degli abitanti che per trent’anni hanno fatto crescere questa realtà fino a farla diventare un cantiere.
Il libro racconta storie di contaminazioni culturali impensabili, come la festa della Madonna dell’Arco, regina di Napoli, che la comunità campana ha trapiantato qui venticinque anni fa. E poi l’esperimento “Nuova urbanistica”, (la cooperativa che, insieme con l’Aler è responsabile della costruzione degli edifici) e l’idea di “quartiere come luogo di intensa socialità”.
Socialità, un valore che le “associazioni di piazza De Salvo”, presenti alle Bustecche da una decina d’anni, hanno deciso di portare avanti. La realizzazione di questo libro ne è una concreta testimonianza.
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