Venga a prendere un caffè al di qua del muro
A Berlino sono andato a trovare uno scultore che possiede la Wall Street Gallery. Ci vive con la sua compagna cantante e pianista. Le ho chiesto di cantarmi alcuni Lieder di Schubert e canzoni di Kurt Weill, che nel mio immaginario rappresentano la contraddittoria quintessenza della Germania romantica e innovatrice. E la calda voce femminile inquadrata da alcuni accordi di pianoforte, che bello! Questa visita mi era stata raccomandata da un’amica, che mi aveva scritto che erano persone magari bizzarre, ma “con il cuore al posto giusto”. Sarebbe stata, mi diceva, un’esperienza interessante: abitavano proprio dove anni fa c’era il Muro. Così capii che il nome della galleria non si riferiva alla via newyorkese della finanza, ma era semplicemente la “via del muro”. Lui ai tempi invitava a prendere un caffè i poliziotti di Berlino Est che passavano di lì, e scherzava sulla circostanza che lui, sui gradini dell’ingresso, offriva loro un caffé capitalista mentre loro, sul marciapiede, lo bevevano in un paese comunista. Poi venne costruito il Muro, che si alzava a un metro davanti alla sua porta.
Nel viaggio che avevo fatto non mi sono accorto, se non controllando sulla carta geografica, quando passavo da territori che, prima della unificazione, erano della Repubblica Federale Tedesca (BRD) a territori della Repubblica Democratica Tedesca (DDR). Avevo sempre l’impressione di città e paesi ordinati, a misura d’uomo, con case e strade curate, con molte automobili parcheggiate ma poco traffico, con molte piste ciclabili ed isole pedonali e giardini, persone calme e serene. Nella conversazione con lo scultore avevo allora osservato, dicendo cosa che mi pareva ovvia ma che esprimevo per simpatia e ricerca di colleganza: “Bisogna proprio essere grati a Kohl che ha promosso, sostenuto e realizzato l’unificazione delle due Germanie.” Lui con gentilezza mi rispose in tono dubitativo e, a mie richieste di chiarimento, disse che probabilmente continuare ad avere due Germanie con due distinte rappresentanze all’ONU sarebbe stato meglio, e ci sarebbe stata una più ricca dialettica sociale, economica e ideologica. Abbiamo poi parlato d’altro, ma questo punto di vista mi ha colpito e ho voluto approfondire la cosa per vedere se dovessi rivedere le mie opinioni.
In termini generali sento anch’io il pericolo e il disagio di una omologazione di comportamenti e di atteggiamenti che tutti sperimentiamo. Si perde una ricchezza di tradizioni e di sfaccettature sociali e culturali per appiattirci in condizionamenti globali capitalisti esaltati dalla pubblicità e dalla televisione. La scala dei valori e delle ambizioni generali ha come parametro la ricchezza e la sua rappresentazione, il linguaggio si impoverisce, l’economia è condizionata da strutture industriali e finanziarie di dimensioni travolgenti che consentono innovazione tecnologica e convincimento commerciale a danno della reale possibilità di concorrenza. Ma a questi inconvenienti non si ovvia con la separatezza e la divisione politica ed economica. Se deve esserci dialettica (ed è bene che ci sia) di idee e di comportamenti, questa può meglio manifestarsi ed alimentarsi in una più grande comunità che in una piccola, purché in condizioni di libertà e di leggi equilibrate e rispettate. Quindi, conclusi dentro di me, bene è stata l’unificazione della Germania.
Capii però che questa unificazione si era realizzata quale conclusione di un moto di liberazione sorto nella Germania Est e culminato con l’insofferenza verso le limitazioni agli spostamenti verso la Germania occidentale per qualsivoglia motivo, non ultimo l’incontrarsi con parenti ed amici. Sotto la pressione delle manifestazioni del popolo il governo decise il 9 novembre 1989 di aprire le frontiere occidentali della DDR; milioni di cittadini dell’est cominciarono ad attraversare il confine e fu impossibile controllare passaporti e documenti; ben presto ci fu gente che ballava sul muro di Berlino.
Fu il risultato di un movimento democratico e popolare, certo facilitato dalla nuova linea politica introdotta in Russia da Gorbaciov. Ai tedeschi occidentali il sistema democratico era stato somministrato dopo la guerra e vi si erano abituati facendolo proprio; i tedeschi orientali la libertà e la democrazia di cui ora godono le hanno conquistate.
E tuttavia, a sedici anni dalla unificazione, le coscienze e i sentimenti non sono unificati, v’è differenza sociale ed economica fra l’ovest e l’est della Germania, i rispettivi indici di disoccupazione, ricchezza, industrializzazione sono ancora diversi. I tedeschi dell’est sono più sensibili a ideali di solidarietà sociale e culturale, lavoro garantito, scuole diffuse, affitti accessibili, e sotto questo profilo la unificazione non ha migliorato la loro situazione. Ma la DDR era uno stato alla bancarotta, oberato dai debiti, con un sistema economico di scarsissima efficienza e un tenore di vita miserevole se confrontato a quello occidentale.
Ogni conquista non è mai definitiva; bisogna operare ogni giorno, instancabilmente, per estenderla e conservarla. In conclusione, penso proprio che la unificazione sia stata una buona cosa, che non risolve tutti i problemi, ma ne facilita il processo di soluzione.
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