«La mia Vedova allegra, televisiva e giovanile»

Pippo Santonastaso porta in scena al Teatro di Varese una brillante interpretazione dell'operetta di Franz Lehar; appuntamento domenica pomeriggio

All’ambasciata del Pontevedro a Parigi c’è grande fermento. Sta arrivando la signora Anna Glavari, giovane vedova del ricchissimo banchiere di corte. L’ambasciatore, il Barone Zeta, ha ricevuto l’incarico di trovare un marito pontevedrino alla vedova e questo per far restare in patria i milioni di dote della signora…
E’ un esordio divertente quello de La vedova allegra, che anticipa una trama movimentata e ricca di colpi di scena, da un secolo di punta sui teatri europei. VareseNews ha parlato con Pippo Santonastaso (noto attore comico, ha recitato in numerosi film e serie televisive), che domenica porta in scena una versione rimodernata dell’opera lirica di Franz Lehar. (in foto, uno dei protagonisti: Edoardo Guarnera nel ruolo del conte Danilo Danilowitch)

La vedova allegra è un classico che, nei suoi cento anni si rappresentazioni (andò in scena per la prima volta il 30 dicembre 1905 ad Amburgo), ha conquistato le platee di tutto il mondo. Qual è il segreto del suo successo?

Credo che a conquistare il pubblico siano soprattutto le musiche, bellissime e con duetti canori importanti. Anche la storia è brillante e divertente: è un intrigante intreccio di storie d’amore, equivoci e tradimenti.

La sua versione dell’opera è stata definita un "musical in chiave comica": in che modo ha modificato il testo originale?

La definirei più una commedia musicale in chiave comica. Il testo non è stato modificato ma arricchito, la trama è la stessa ma l’ho resa molto più moderna e brillante: ho allungato la parte recitata, ad esempio il personaggio che interpreto, in origine solo accennato (il cancelliere Njegus, ndr), si intriga in tutto quello che succede e ha uno spazio molto più ampio. Nell’opera ho poi riversato l’esperienza di quarant’anni di cabaret e di televisione, che mi porta a lavorare molto sulla mimica, sull’espressione, sulla situazione comica: la mia è una comicità semplice, che rifiuta la volgarità come la politica (oggi di moda).

Si può dire che la mia Vedova allegra sia un’opera più "televisiva", con l’obiettivo di conquistare anche un pubblico di giovani, che del resto sono sempre usciti soddisfatti dallo spettacolo: ho voluto evitare gli elementi più "pesanti" che la gente conosce e che rendono l’opera datata. Se mi proponessero una trasposizione televisiva, la accetterei immediatamente, sicuro del successo di pubblico (come successe anni fa): ma la tv di oggi non sembra pronta, è meno preparata di una volta. Un grande lavoro è stato fatto sui costumi: Monica Conti ha cercato di creare costumi di stile balcanico, proprio per dare l’impressione di trovarsi nei luoghi dell’autore, in quell’epoca.

Quali sono le novità della scenografia?

A curare le scenografie c’è un architetto giapponese, Naoko Watanabe, che ha unito il gusto giapponese con le esigenze della commedia. In particolare l’inizio del secondo atto è molto efficace e intrigante.

Una riflessione di attualità, nel Giorno della Memoria. L’autore dell’opera, il tedesco Franz Lehar, durante il nazismo fu molto attivo nell’aiutare il popolo ebraico, di cui sua moglie faceva parte, tanto da costituire una compagnia teatrale per “La Vedova allegra” composta da cantanti e attori ebrei. Dato il grande successo di pubblico Hitler non poté opporsi. Secondo lei come può essere stato possibile?

Ancora una volta penso che sia stato possibile grazie alla bellezza di quest’opera, soprattutto le musiche: una vittoria dell’arte. Aggiungo che ho vissuto per esperienza personale vicissitudini simili a quelle del popolo ebraico: io ho vissuto in Croazia, all’epoca di Tito la mia famiglia si è salvata per un pelo dalle foibe, per questo ritengo così pericolose le tesi negazionistiche, come oggi quelle di Ahmadinejad.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Gennaio 2007
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