“La politica vuole la guerra, la gente ne paga le conseguenze”
Giorgio Rizik è un ragazzo di Nazareth, cristiano e israeliano di origine araba. Studia a Varese e da qui assiste a quanto avviene a Gaza
La striscia di Gaza è lontana dalla sua Nazareth, la città di origine di Gesù, ma la situazione che è venuta a crearsi in quella zona non può lasciarlo né tranquillo né indifferente. Giorgio Rizik, 24 anni, ha una carta d’identità che è tutto un programma: israeliano di nazionalità ha origini arabe ma è anche un cristiano ortodosso. Da qualche anno vive a Gemonio dove è arrivato attraverso alcuni canali religiosi (tramite la Diocesi di Como) per coronare il suo sogno professionale: la laurea in medicina all’Università dell’Insubria. La sua famiglia è naturalmente rimasta a Nazareth, e questo è un motivo in più per guardare con apprensione a quanto accade in Medio Oriente.
 «È vero – racconta in perfetto italiano – Nazareth è lontana da Gaza, ma la Galilea confina con il Libano e questo non è un dettaglio minore. Negli anni scorsi, quando ci fu la guerra intorno alla frontiera gli echi arrivarono anche nella mia città, tanto che un missile cadde in centro. Per questo non si può essere tranquilli: pensare a nuove battaglie nella zona è la mia paura maggiore».
«È vero – racconta in perfetto italiano – Nazareth è lontana da Gaza, ma la Galilea confina con il Libano e questo non è un dettaglio minore. Negli anni scorsi, quando ci fu la guerra intorno alla frontiera gli echi arrivarono anche nella mia città, tanto che un missile cadde in centro. Per questo non si può essere tranquilli: pensare a nuove battaglie nella zona è la mia paura maggiore».
Lì il Messia visse con la propria famiglia e infatti a Nazareth è stata edificata la basilica che ricorda i luoghi in cui Gesù passò gran parte della sua vita. Forse anche per quello la città rappresenta un esempio di convivenza civile tra le diverse etnie. ««Nazareth e Nazareth-Elit sono così: ci sono arabi (che sono cristiani e musulmani), ed ebrei, e tutti vivono in maniera normale. La gente non vuole la guerra, quello rimane un fatto soprattutto politico. La popolazione è vittima di tutto questo, in Israele e Gaza comprese».
Giorgio non può avere un "consiglio" giusto per fare smettere le violenze, ma sottolinea una cosa e lo ripete: «Odio chiama odio, su questo non ho dubbi. E a pagare è la gente comune: magari bisognerebbe ricordarsi di questo».
La crisi di Gaza è seguita da Giorgio anche sui mass media italiani. «Non leggo i quotidiani ma preferisco i telegiornali: a mio parere stanno facendo una buona informazione, perché nei servizi trasmessi vedo tanta cronaca e pochi commenti. Credo che sia il modo giusto per parlarne. Oltre alla tv italiana seguo la crisi sui siti internet d’informazione israeliani e delle aree interessate, mentre quando chiamo a casa preferisco parlare d’altro. E mi auguro che dal Libano non arrivino brutte notizie».
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