Nuova Alitalia, battesimo tra le proteste

La manifestazione annunciata è cominciata questa mattina alle 7 e terminato alle 10. Un migliaio i lavoratori che hanno occupato il check-in: cancellati due voli, altri quattro in forte ritardo

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Parte Alitalia, ma i lavoratori protestano. In occasione del battesimo della "nuova" compagnia, oggi, 13 gennaio, circa un migliaio di dipendenti del settore aereo dello scalo della brughiera hanno protestato contro il declassamento del sistema aeroportuale milanese e per difendere il proprio posto di lavoro. Tutte le sigle sindacali hanno aderito: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Sdl, Flai; presente anche una nutrita rappresentanza di aderenti all’Italia dei Valori. In tutto hanno manifetsato un migliaio di persone. 

 

La protesta è cominciata alle 7 davanti al terminal 1 di Malpensa: dopo un breve corteo all’esterno dello scalo, i manifestanti si sono spinti fino all’area check-in e poi agli imbarchi fino alle 10. I passeggeri hanno osservato, le lamentele sono state poche: cancellati due voli di Alitalia in partenza, due hanno avuto ritardi superiori alle due ore e altri due hanno subito ritardi di poco più di mezzora. Soddisfatti i sindacalisti per l’adesione. Sul piatto la richiesta di revisione degli accordi bilaterali e la liberazione degli slot che non interessano alla compagnia di bandiera. Oltre a questo in primo piano le questioni del cargo, dimesso da Alitalia e dei lavoratori di Volareweb, che con la partenza della nuova Alitalia rischiano di restare a casa senza prospettive di assunzione nella nuova compagnia.  

 

«Una manifestazione importante – commenta Orella Savoldi, della segreteria regionale di Cgil -. I lavoratori mi sono sembrati motivati, oltre che preoccupati. Una mobilitazione che serve per chiedere di garantire prospettive a questo aeroporto, per non vanificare gli sforsi fatti fino ad ora. Serve più trasparenza e determinazione se si vogliono fare gli interessi del Paese». Di garantire la continuità del cargo parla Ezio Colombo della Filt Cgil territoriale: «Gli interessi ci sono, basta lasciare una finestra di tempo di sei mesi e non interrompere di botto l’attività. È un comparto importante, si devono aprire gli spazi, senza proclami, ma con fatti concreti». «I patti bilaterali sono la chiave per far ripartire questo aeroporto – attacca Dario Grilanda della Fit Cisl -. Non ci sono strategie di crescita: le potenzialità invece sì. Noi accettiamo la sfida, ma ci devono essere date le possibilità di farlo». «Lo chiediamo dal settembre 2007 – spiega Stefano Franzoni della Uil regionale -. Se i patti bilaterali fossero stati rivisti subito non si sarebbe a questo punto: si è perso un anno e mezzo arrivando ad una soluzione per Alitalia che ha portato ad essere messi peggio di prima. O si rivedono in fretta i patti bilaterali e liberano gli slot oppure tutto il sistema aeroportuale milanese va al collasso, Linate compresa». «Non vogliamo lasciare Malpensa in mano agli speculatori – commenta Alessandro Milani dell’Idv -. I lavoratori sono quelli che pagano due volte». «Siamo alle lacrime di coccodrillo – attacca Aldo Pignataro dell’Sdl -. Questa situazione era prevedibile. Se non si aprono nuove prospettive, andremo allo sciopero generale del comparto aereo regionale: le procedure sono avviate, diciamo basta a chi vuole usare i lavoratori come vuoti a perdere».  

 

In una situazione complessa e pericolante, i più in difficoltà se si deve fare una classifica sono i lavoratori di Volareweb: «Siamo arrabbiati e preoccupati – spiega Luca Coletti, dipendente della compagnia gallaratese in cassa integrazione -. Vorremmo solo lavorare, invece ci lasciano a piedi senza alternative. Non capiamo come dopo aver litigato con AirOne in tribunale e aver sborsato 39 milioni di euro per comprala, Alitalia lascia Volareweb in balia di sé stessa, mette a terra aerei e personale e chiude ogni possibile porta. Io sono da 12 anni in Volare, non capisco perché non posso rientrare nei piani di Cai. Come me siamo in 160 in cassa integrazione a zero ore (in 40 sono in cassa integrazione a rotazione). Delle tante promesse fatteci in passato non c’è più l’ombra: le capacità le abbiamo, speriamo di poter tornare a lavorare».

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Pubblicato il 13 Gennaio 2009
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