Sfratti: una famiglia da domani dormirà in auto
La storia della famiglia S., inquilina Aler: imminente lo sfratto per morosità. Oltre diecimila euro di debito accumulato, lui, lei e la figlia maggiore senza lavoro, due minori a carico, l'auto senza assicurazione. "Nessuna eccezione, no all'assistenzialismo" fanno dal Comune
In cinque senza una casa, in mezzo a una strada, su un’auto. È il destino che da domani attende la famiglia S., residente in via Rossini in un appartamento di proprietà di Aler e che domattina sarà sfrattata per morosità. Della vicenda si stanno occupando Ezio Mostoni del sindacato inquilini Sicet e la consigliera comunale del PD Eric D’Adda, che hanno cercato di intercedere presso l’amministrazione comunale nel tentativo di ottenere una proroga dello sfratto. Invano. Domattina, probabilmente intorno alle 10, arriverà l’ufficiale giudiziario: e se necessario i carabinieri.
Marito e moglie di 48 anni, Ciro e Giovanna, lui napoletanno, lei gelese, a Busto da oltre trent’anni, lasceranno l’abitazione Aler dove vivevano dal 1993. Con i tre figli ancora conviventi, una 21enne, una ragazzina che frequenta la seconda media e l’ultimo nato, un piccolo di quattro anni, si ritroveranno sull’auto di famiglia. Ferma dove è posteggiata, perchè non hanno pagato il bollo dell’assicurazione. Lui è disoccupato dalla scorsa estate, dal 2004 faceva lavoretti saltuari e precari dopo che la fonderia presso cui lavorava lo aveva lasciato senza impiego. Lei vorrebbe un qualsiasi impiego part-time le possa dare un minimo di reddito. Dietro lo sfratto un debito con Aler da oltre diecimila euro, frutto di numerose rate d’affitto e spese non pagate, più spese legali dell’ente regionale. Una storia paradigmatica: da una parte una famiglia numerosa in difficoltà cronica, esacerbata dai tempi di crisi, dall’altra un ente che esaurita ogni possibile dilazione e soluzione transitoria (gli S. l’anno scorso stavano pagando un piano di rientro a 500 euro al mese, che poi hanno dovuto discontinuare) taglia corto, e un Comune che non intende fare eccezioni. «Lo ammetto, saltuariamente non pagavamo le rate» confessa la signora Giovanna, «ma non è affatto vero che non pagavamo niente da dieci anni come si dice. Avevamo 270 euro al mese d’affitto, fino all’anno scorso 370. Due nostri figli già grandi sono usciti di casa da poco, uno convive ma paga 500 euro di affitto a sua volta, l’altra si è sposata a Bienate ma suo marito è in crisi a sua volta con il lavoro… Non sappiamo dove andare, da chi farci aiutare. Come potrò mandare mia figlia a scuola? Non sappiamo nemmeno dove mettere i vestiti, le nostre cose quando ci metteranno alla porta. Come potrò rivestirla, tenerla in ordine?» La signora non è tenera nemmeno con l’assessore ai servizi sociali Crespi, che si è mostrato piuttosto rigido sia con lei che con il sindacalista. «A questo punto insisterò direttamente con il sindaco, non chiediamo elemosine ma ci serve una dilazione, un mese per trovare un impiego purchè sia e riprendere a ripagare i debiti».
Mostoni e D’Adda proponevano un piccolo intervento in emergenza: 1500 euro dal Comune, altrettanti da Aler stessa, per evitare lo sfratto esecutivo. Niente da fare. Siamo in tempi di rigore (per molti ma non per tutti: chiedere al Comune di Catania ndr) e la posizione dell’assessore Crespi lo testimonia. «Il fondo famiglia e lavoro? Non ci si può metter mano, i requisiti sono ancora in bozza, e comunque non ci rientrerebbero, riguarda chi ha perso il lavoro da novembre in avanti. La casa poi era dell’Aler, non del Comune; loro non pagavano da una decina d’anni, per quanto ci riguarda non abbiamo legalmente la possibilità di aiutarli, e nemmeno ci sono giunte richieste riguardo a loro». La signora S. aveva una versione diversa: «Ci hanno detto che nemmeno avevano aperto il nostro fascicolo». «Ho ricevuto pressioni per fare "un’eccezione"», continua Crespi, «ma mi pare un’impostazione sbagliata. Andremmo verso quel mero assistenzialismo che forse ha creato la situazione in cui viviamo, l’errore più grave dei governi di centrosinistra. La nostra è una politica di responsabilizzazione e di recupero delle risorse, cui gli inquilini peraltro rispondono positivamente: le morosità gravi e medie si sono ridotte da 50 al 15% del totale». Quello della famiglia S., aggiunge Crespi, non è un caso unico. E Mostoni conferma che la situazione è seria un po’ in tutto il settore delle case popolari: domani stesso Sicet e Sunia incontreranno i dirigenti Aler per trattare di contributi di solidarietà, la manutenzione, e soprattutto della possibilità di ridurre fino al 20 per cento gli affitti tramite intese su base locale con le sigle sindacali. Mostoni, che confessa la difficoltà di trovare una soluzione a breve, si appella a questo punto all’ultima istanza: il buon cuore di parrocchie e Caritas. Non sarebbe il primo "esempio" che si dà riguardo le morosità, lo sfratto dei coniugi S. Aler si vede come un’azienda e agisce come tale, è stato detto al sindacalista; l’assistenza spetta al Comune. Che come si vede, nonostante vi siano due minori lì lì per finire in strada, per ora non si ammorbidisce. «C’è il dormitorio a Sant’Anna, ma è solo maschile, mi hanno detto» ricorda la signora Giovanna, «cosa faccio, ci metto un bimbo di quattro anni in dormitorio?»
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