“Noi adulti, incapaci di capire i messaggi dei ragazzi”

Dopo il brutale omicidio di Dean, nelle scuole i docenti affrontano il problema del disagio giovanile. Un tema delicato eche mette il luce la distanza tra giovani e il mondo adulto

I professori dei corsi EDA si preparano. Domani incontreranno i compagni di scuola di Dean. Leggeranno le testimonianze che sono giunte alla redazione di Varesenews. Andranno ad incontrare la famiglia. Cercheranno le possibili risposte alle tante domande che raccoglieranno dai loro sguardi: « Spesso i nostri alunni (corsi serali) sono border line – spiega la professoressa Giovanna Ferloni – che vivono un disagio profondo. I nostri allievi arrivano in classe in condizioni disperate, dopo aver assunto chissà quali sostanze. Noi siamo consapevoli che vivono al limite della legalità: sono sotto la tutela del Tribunale dei minori, segnalati ai servizi sociali. Certo non avremmo mai pensato di assistere a questa efferatezza. Partiremo da qui, da questa violenza estrema per costruire un messaggio costruttivo. Noi insegnanti siamo soli a gestire la grande solitudine interiore, un’assoluta mancanza di valori e di ideali. Sono ragazzi che non credono in nulla. Nemmeno nel calcio…».

Il vuoto che attornia tanti ragazzi è la grande preoccupazione anche di Luisa Oprandi, insegnante e vicepreside del liceo linguistico: «È inutile nasconderlo. Il disagio giovanile è diventato un’emergenza e il vero dramma è che noi adulti non riusciamo a coglierlo. Ci sono tanti segnali che loro ci mandano e che noi grandi non sappiamo interpretare. Come si può definire normale la vita di un giovane che abbandona la scuola e vive bighellonando? Si deve riflettere sui mezzi che ci sono per giungere al cuore dei ragazzi annoiati dalla vita.  Sono vittime della noia: niente e nessuno li smuove dal loro torpore. Tutto è lecito anche la più terribile crudeltà. È per questo che si deve tornare a cercare i giovani nelle strade: non ci sono più punti di aggregazioni, realtà associative dove possono crescere e diventare grandi. Affidiamoci, allora a quelle associazioni che fanno educazione di strada: formatori che scendono in strada per parlare con i ragazzi e proprorre loro un diverso stile di vita. La mia richiesta è che il Comune investa su queste forme di recupero dei giovani».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Aprile 2009
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