Mauro: “Dobbiamo affermare una visione Italiana dell’Europa”
Giù europarlamentare e vicepresidente del Parlamento di Strasburgo, corre di nuovo alle elezioni del 6 e 7 giugno puntando alla presidenza
L’onorevole Mario Mauro il Parlamento Europeo lo conosce piuttosto bene, un po’ perché ne è vicepresidente, un po’ perché frequenta le sue aule ormai da dieci anni. Parlamentare del Pdl, tra gli esponenti di spicco di Comunione e Liberazione ed «europeista convintissimo», inutile provocarlo, non vorrebbe fare nient’altro che quello che fa. E infatti si appresta a chiedere nuovamente ai suoi elettori la fiducia per continuare il suo impegno in Europa. (Copyright foto: servizio stampa del Parlamento Europeo).
L’Europarlamento però è lontano, perché un lombardo dovrebbe votarla?
«È qui che molti si sbagliano. Perché se anche il luogo dove sta il Parlamento non è l’Italia, le conseguenze delle nostre attività interessano l’Italia più di quanto si immagini. Su 100 leggi emanate dal Parlamento italiano circa 70 sono applicazioni delle direttive decise in Europa. La lontananza percepita dai cittadini è dovuta al fatto che soltanto il 2% dell’informazione politica parla di Europa».
Si ma a un commerciante varesino, ad esempio, perché dovrebbe interessare l’Europa?
«Faccio un esempio tra i tanti che potrei fare: Se un commerciante nel nostro paese impiega 10 anni per riscuotere un credito e negli altri paesi ci impiegano 10 giorni, questa non è una questione che lo interessa? Ci sono cose che ormai un singolo paese non può affrontare da solo, l’Unione Europea serve proprio a questo, a diminuire gli squilibri e imporre regole comuni che migliorano la vita di tutti i suoi cittadini. Faccio un altro esempio: L’immigrazione clandestina. Possiamo pensare che questo problema venga risolto da solo in Italia? No è impensabile, perché è un fenomeno talmente complesso che una realtà nazionale da sola non può affrontare. Bisogna trovare soluzioni a livello internazionale. Per questi ed altri motivi sono convinto dell’importanza di quello che facciamo in Europa»
L’atteggiamento della politica italiana nei confronti dell’Europa, però, molto spesso è di indifferenza..
«Si, e la conseguente mancanza di informazione presso la cittadinanza è il vero problema»
Cosa comporta il non fare “lobby paese” nel momento in cui vengono prese le decisioni?
«Comporta il fatto che non riusciamo ad affermare ed imporre una visione italiana dell’Europa, che non riusciamo ad essere protagonisti, e soprattutto che non riusciamo a sfruttare le potenzialità della Comunità Europea: tra poco le regioni italiane dovranno restituire 10 miliardi di euro di finanziamenti europei che non sono stati in grado di sfruttare. Queste sono le conseguenze»
Lei è un cattolico impegnato in politica e ha anche un incarico importante dell’Osce con riferimento alla lotta contro la discriminazione dei cristiani. Ma in Europa c’è davvero un “problema” religioso? Non si direbbe che un cattolico corra il rischio di essere discriminato, almeno in Europa..
«Esistono invece realtà in cui il cattolicesimo subisce delle discriminazioni anche in Europa. Io mi sto battendo contro una legge che sta passando in Romania che prevede la restituzione delle proprietà religiose confiscate dal regime comunista ai vari culti a seconda della proporzionalità dei loro membri, questo non è accettabile. Ma al di là di questo il mio impegno da cattolico va oltre. Io credo che ci siano due problemi fondamentali in Europa riguardo alla religione: uno è il fondamentalismo religioso, soprattutto islamico, che produce sentimenti di odio che ormai conosciamo molto bene. E l’altro è il relativismo. Dobbiamo essere più coscienti delle nostre radici, la laicità è frutto della maturazione del cristianesimo»
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