Antonio Franzi «Io, bambino affascinato dalla luna e dai suoi cronisti»
Il giornalista racconta lo sbarco sulla luna con gli occhi di un bambino di sette anni, lui. E che già sognava il giornalismo televisivo come "finestra sul mondo", prima ancora di esercitarlo personalmente
La mano ciondolante di Ruggero Orlando che salutava da Houston con l’inconfondibile voce roca per passare la linea agli studi di Roma, dove a tirare le fila dei collegamenti Rai c’era Tito Stagno con i suoi occhialoni (forse dei ray-ban d’antan), s’alternava con l’aplomb di Marco Blaser che da Lugano raccontava, compìto e sempre preciso nel suo interloquire, di una notte storica agli spettatori della Televisione Svizzera.
Eccolo lo sbarco sulla luna, atteso e goduto davanti allo schermo in bianco e nero da un bambino di 7 anni (io) cui avevano insegnato che quel 20 luglio 1969 avrebbe cambiato le sorti del mondo. Così come, non più tardi di 15 anni prima, l’avvento della televisione in Italia aveva regalato al nostro immaginario collettivo nuovi eroi, nuovi personaggi cui guardare come modelli per puntare sul futuro di noi generazioni che avremmo conosciuto il 2000.
In quella notte allora i passi lunari di Neal Armstrong, con le voci di Michael Collins e Buzz Aldrin a giungere lontanissime e un po’ stereotipate alle nostre orecchie, si confondevano, nella meraviglia di quel bambino, con la capacità d’attrarre il pubblico di chi raccontava dalla scatola magica televisiva quella grande avventura umana che giungeva a felice conclusione.
Era il ruolo di giornalista televisivo, una figura interpretata in quella circostanza da uomini di spessore intellettuale e capacità d’affascinare, che mi aveva catturato, quasi come le immagini e i testi delle avventure di Walter Bonatti o le graffianti cronache politiche di Ricciardetto che avrei presto incominciato a leggere nelle raccolte del settimanale Epoca che papà custodiva gelosamente.
Ma la tv, a noi “baby boomers” degli anni Sessanta, regalava qualcosa di più della nobile carta stampata: la speranza di poter conoscere e di far conoscere agli altri in modo più diretto e immediato il mondo che ci circonda.
Una speranza svanita? Forse sì, ma non certo a causa di Ruggero Orlando, Tito Stagno e Marco Blaser: loro restano per sempre i miei eroi…
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