Adolescenti, il pericolo sta nel gioco

Una ricercatrice di psichiatria, Ada Colombo, ha incontrato i genitori dell'istituto comprensivo spiegando i rischi legati all'eccessivo utilizzo di videogames e giochi al computer




la psichiatra Ada Colombo Il nostro cervello è plastico, è predisposto ad apprendere modelli di comportamento a cui è esposto ripetutamente. E se questi modelli si ripetono più e più volte, l’assorbimento avviene in maniera neutra, senza una valutazione morale.

È un vero e proprio campanello d’allarme quello che è risuonato al centro polivalente del Comune di Comerio dove giovedì sera, 19 novembre, è stata ospite delle Associazione dei genitori del Comprensivo di Comerio la dottoressa Raffaella Ada Colombo, psichiatra dell’ospedale di Legnano, impegnata a ricercare gli influssi dei video giochi sul cervello di ragazzi e adolescenti.
Sotto inchiesta sono finiti, videogiochi, ma anche televisione e internet, strumenti che sottopongono il nostro cervello a continue stimolazioni e impulsi che, se non vengono canalizzati, sono immagazzinati acriticamente.

Ma è sui videogiochi, in gran parte violenti e sanguinari, che si concentra l’attenzione della psichiatra: «La rappresentazione dell’aggressività si basa sull’apprendimento, sull’attivazione e sull’applicazione di un modello di comportamento aggressivo, immagazzinato nella memoria grazie a continui stimoli – ha spiegato la dottoressa Colombo – e davanti alla ripetizione, l’azione diventa neutra, perde il valore morale e sociale».

Un pericolo che si insinua in un giovane cervello ancora non del tutto formato: «Tra i dieci e i 19 anni – ha chiarito la ricercatrice – il ragazzo acquisisce l’abilità a pensare in modo astratto, ad analizzare logicamente le situazioni inibendo piano piano l’istinto impulsivo; acquisisce abilità a pianificare realisticamente il futuro; sviluppa il ragionamento morale che gli permette di comprendere le influenze negative di quello che è sempre stato solo “un gioco”; riesce a valutare situazioni ipotetiche e a decidere razionalmente».

In quest’età, dunque, i ragazzi lasciati soli davanti a un video game assorbono spesso in modo acritico il messaggio contenuto: « Se un ragazzo gioca con un adulto, viene influenzato dal carattere riflessivo di chi gli sta accanto, mentre se gioca da solo vede stimolata solo l’emotività e la sua eccitazione si protrae nel tempo. Gli effetti di una sovraesposizione ai video games sono l’aggressività, la desensibilizzazione al valore dell’azione e la paura».

Video games, ma anche giochi on line che stimolano a crearsi un “avatar” ( un alter ego), rischiano di dare dipendenza, di catapultare il giocatore in un mondo parallelo dove l’immaginario può anche diventare preponderante: « La distinzione è un fatto di moralità, ma la moralità non è un concetto del cervello che, anzi, la fa sfocare, sino a cancellarla, con il pericolo che ci si isoli dal reale per vivere solo il virtuale».
 
Lo sviluppo della personalità, dunque, negli adolescenti è un periodo delicato che va monitorato costantemente: « I nostri giovani stanno crescendo “multitasking”. Hanno decine di sollecitazioni continue e il loro cervello è abituato a fare più cose in una sola volta,  reagire con grande velocità e varietà. Appena si rallenta insorge la noia, quella noia che deriva anche da una diversa stimolazione del cervello. I videogames, oggi, si concentrano molto sulla sollecitazione esclusiva dell’emotività, che dà piacere. È un solo punto del cervello che interagisce, il resto rimane sopito. Per contrastare il fenomeno, però, sta crescendo un filone di giochi che punta sulla socialità, sulla riflessione, sul confronto tra pari. Il cervello fa diventare normale ciò che ripete: se stimolato a giocare per “costruire” e non per distruggere” si permetterà all’individuo di sviluppare un senso di solidarietà che attualmente si va perdendo».




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Pubblicato il 23 Novembre 2009
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