Orfani e bastardi, Milano e l’italia viste dal “Giorno”
Una vicenda editoriale ricostruita da Vittorio Emiliani che di quel quotidiano fu un grande protagonista. Un capitolo decisivo della storia italiana e anche una grande lezione di giornalismo
Non vi è dubbio che il "Giorno", fondato nel 1956 dal presidente dell’Eni Enrico Mattei, è stato il quotidiano nazionale che meglio ha interpretato e raccontato il nuovo dell’Italia uscita a pezzi dalla guerra voluta dal fascismo. Il quotidiano milanese accompagnò un passo dopo l’altro le trasformazioni economiche, politiche, culturali e di costume che attraversarono il nostro paese da Nord a Sud. Lo fece con un taglio assolutamente innovativo nel panorama nazionale fermo agli anni ’30, dove tutti i quotidiani, grandi o piccoli che fossero, imitavano il "Corriere della Sera", grigio nella grafica,notarile nella linea editoriale rispetto ai poteri forti di allora: partiti di governo, Confindustria e Chiesa cattolica. E con una straordinaria novità nei servizi esteri caratterizzati da una grande apertura verso i paesi emergenti del Terzo mondo dove l’Eni metteva in pratica una politica dei prezzi del petrolio, concordata con i produttori, lontana anni luce dai vassallaggi imposti da sempre dalle sette sorelle. Tutto questo "Il Giorno" lo fece rivoluzionando lo stile, fin allora intangibile, di fare giornalismo: una grafica pensata e disegnata, il lancio rivoluzionario per il mercato italiano del colore, pezzi concisi sfrondati di ogni riferimento letterario, editoriali di quaranta righe che tassativamente dovevano esaurirsi in prima pagina, economia, sport e costume in primo piano. Poi le inchieste, i viaggi alla scoperta di un’Italia e delle sue province che nessuno si era mai peritato di narrare. Insomma una novità che conquistò da subito lettori nei settori progressisti del mondo laico e cattolico. Quel "Giorno", milanese e lombardo nell’animo, fu pilotato da due grandi maestri del giornalismo italiano: Gaetano Baldacci, vulcanico fondatore e Italo Pietra, avvertito e coraggioso timoniere del dopo Mattei. Contarono entrambi, pur nel fisiologico ricambio professionale, su redazioni di prim’ordine, competenti, fantasiose, appassionate. Gente che faceva il giornale con la consapevolezza di prender parte a un vasto progetto di cambiamento e di modernizzazione della società circostante. Di quelle avventurate formazioni redazionali facevano parte giornalisti come Enzo Forcella, Gianni Brera, Ettore Masina, Giorgio Bocca, Marco Nozza, Pietro Bianchi, Guido Nozzoli, Mario Pirani, Natalia Aspesi, Pier Maria Paletti, Manlio Mariani. Accanto alle firme redattori di grande qualità che garantivano ogni giorno il “miracolo” della confezione, diretti da un organizzatore eccezionale come Angelo Rozzoni, il vicedirettore, che insieme alla passione per il giornale coltivava un debole per l’Inter di Moratti padre.
Quella moderna e pungente macchina editoriale si inceppò a metà maggio del 1972 quando, dopo il voto a destra che riportò al governo i liberali di Malagodi, iniziò un processo di normalizzazione moderata con il cambio di direzione. Pietra rilevato da Gaetano Afeltra, un amalfitano cresciuto in via Solferino,estraneo alla cultura del giornale e alle sue novità (vanificherà da subito l’uso modernissimo del colore), attento agli equilibri dei politici amici (tanti) più che alle esigenze del giornale. Iniziò allora tra la direzione e la redazione, nel sostanziale disinteresse dell’Eni, a un lunghissimo braccio di ferrò che porterà alla inesorabile dissoluzione del patrimonio editoriale del “Giorno”. Questa appassionate vicenda editoriale che si intreccia naturalmente alla storia nazionale e a quella di Milano è stata ricostruita, con grande passione e rigore, da Vittorio Emiliani che di quel "Giorno" fu, ancorché molto giovane, un grande protagonista. "Orfani e bastardi, Milano e l’italia viste dal "Giorno" (Donzelli editore) è un capitolo decisivo della storia editoriale del nostro paese e anche una grande lezione di giornalismo.
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