Da Amsterdam a Verona: il Giro 2010 tappa dopo tappa
La corsa rosa scatta con tre giornate in Olanda. Pochi i chilometri a cronometro, tante le salite con il Mortirolo che potrebbe essere decisivo. Gran finale all'Arena come nell'84
Uno dei pochi appuntamenti sportivi che sanno unire il Paese dividendolo, il Giro d’Italia si ripresenta puntuale con la primavera: un evento a sé, sempre atteso dagli appassionati di ciclismo, e anche da chi di pedale e dintorni non capisce un’acca ma apprezza l’atmosfera di festa che circonda la corsa rosa.
Nel dare un giudizio sul percorso di questa 93a edizione del Giro noi di Varesenews siamo stati preceduti da una voce molto più autorevole della nostra: quella del Diablo Claudio Chiappucci, che ha bollato come “assurda” la partenza dall’Olanda.
La conclusione, scenica, all’Arena di Verona (come nel 1984, quando Moser superò Fignon all’ultimo assalto) non basta a far brillare quello che ci appare un tracciato troppo convenzionale. Insufficiente il chilometraggio a cronometro, concentrato per giunta per metà in una cronosquadre; tappe di montagna piazzate "turisticamente" negli weekend e solo lì; evitabile la prima settimana piatta quasi “alla francese”. È il Giro, e chiedere qualcosina di più è lecito. Nondimeno, la strada è raramente bugiarda e la palma del più forte andrà a chi saprà meritarsela: presumibilmente uno scalatore, con sei arrivi in salita. Sperando che il doping non allunghi di nuovo le sue ombre, e i suoi veleni, sulla carovana.
IN OLANDA – Si comincia come sabato 8 maggio dalla Venezia d’Olanda, Amsterdam, città amica della bicicletta, non solo quando passa il Giro. Un cronoprologo di 8,4 chilometri, non facilissimo a causa di alcune strette curve, quello proposto per assegnare la prima maglia rosa che non dovrebbe sfuggire a qualche specialista, salvo variabili meteorologiche. La seconda tappa porterà la carovana da Amsterdam a Utrecht, con una tappa lunga (210 chilometri) e pianeggiante, adatta ai “treni” degli sprinter. Ancor più lunga (224 km) ma piatta come una tavola di biliardo è la tappa del lunedì, che ripartendo dalla capitale olandese conduce in Zelanda, a Middelburg. L’insidia, qui, sarà il vento: il lavoro per tenere “cucito” il gruppo e al coperto i capitani sarà essenziale.
COPPI E GIRARDENGO – Dopo tre tappe “orange”, si rienterà in Italia nel primo giorno di riposo, cui seguirà mercoledì una cronosquadre pianeggiante. Non una tappa, ma una fucilata: fondamentale sarà una squadra affiatata in grado di bruciare “in apnea”, con rapidi cambi, i 33 chilometri tra Savigliano e Cuneo, su un falsopiano che, c’è da credere, sarà percorso a velocità degne d’uno scooter.
Lungo trasferimento a Novara per la quinta tappa, che dal capoluogo piemontese, il punto più vicino a noi varesini di questa edizione 2010, lancerà i corridori verso Novi Ligure per 162 chilometri. È fino a questa tappa che si dovrà attendere, in stile Tour de France (grandeur à la Zomegnan?), per vedere finalmente due veri gran premi della montagna, su ascese brevi ma toste, Avolasca e la Castellanìa del sommo Fausto Coppi. Si finirà con un probabile volatone nella patria di quel Girardengo altro personaggio mitico del nostro primo ciclismo, cantato da De Gregori ne “Il bandito e il campione”.
PRIMI ESAMI: MONTALCINO E TERMINILLO – Più movimentato l’episodio successivo di questo Giro 2010. Da Fidenza a Marina di Carrara 172 chilometri nervosi con il Brattello per scavalcare gli Appennini, poi le salite di Spolverina e Bedizzano a movimentare il finale. Sabato da toscanacci, poi, con la sesta tappa da Carrara a Montalcino: 222 chilometri in cui a una prima metà piatta si contrappone, dopo l’ascesa all’etrusca Volterra, una seconda parte tutt’altro che facile, su e giù per i colli senesi fra strappacci e contropendenze fino al traguardo. Domenica classica (per i romani…) al Terminillo. Da Chianciano Terme per Orvieto, Terni e Rieti, fra colli verdeggianti, si scaldano le gambe per la salita finale ai 1668 metri del traguardo, dopo 189 chilometri che diranno chi non potrà aspirare a vincere il Giro.
SCORRIBANDE AL CENTRO SUD – Si scende ancora verso il Sud, che sarà liquidato con due tappe di trasferimento: tipica la Frosinone-Cava de’ Tirreni, di 189 chilometri. Arrivo in volata pressochè assicurato, traguardo in leggera ascesa. Il caldo potrà essere il problema principale della lunga tappa seguente, da Avellino a Bitonto, di 230 chilometri: e potrebbe scapparci la fuga bidone. Il giorno seguente, omaggio a una città martirizzata. È l’Aquila ad accogliere la carovana rosa dopo una tappa non facile e lunghissima (262 chilometri) lungo la spina dorsale d’Italia, con partenza da Lucera. Tappa adatta a grandi fughe da lontano, ma solo per veri eroi.
Città Sant’Angelo-Porto Recanati, lungo la costa adriatica: su 206 chilometri, oltre 130 piatti in riva, poi intorno a Macerata una serie di colline insidiose a dare rasoiate nelle gambe. L’ultimo strappo a Potenza Picena, a una dozzina di chilometri dal traguardo, è un trampolino invitante. Il plotone riprenderà il giorno dopo per un nuovo omaggio: stavolta a Marco Pantani, campione sventurato e amatissimo, ucciso dalla cocaina e dalla delusione per una vita che come ti esalta, così ti getta nel fango. Da Porto Recanati a Cesenatico sono 223 chilometri movimentati verso il finale dalle asperità di Perticara e Barbotto, troppo lontane dal traguardo perchè qualche emulo del Pirata possa fare il colpaccio.
LE SALITE E IL GRAN FINALE – Con la tappa successiva è il Monte Grappa, simbolo della Grande Guerra, ad ospitare quello che sarà il primo accenno di duello per la vittoria finale. I capitani verranno allo scoperto, o manderanno avanti le seconde linee? Da Ferrara ad Asolo sono 205 chilometri, dal Grappa al traguardo quaranta, ma chi facesse il vuoto in salita e fosse spericolato in discesa potrebbe fare danni: serve un’impresa.
Troppa inutile pianura, a nostro parere, poi, nei 222 chilometri da Mestre al Monte Zoncolan, con le difficoltà tutte negli ultimi novanta chilometri. Prima dell’esercizio di "alpinismo ciclistico" ci sono la Sella Chianzutan, il passo Duron e la Sella Valcalda, strappi impegnativi. Dalle esperienze passate sembra di capire che la durezza dell’ascesa sia tale, paradossalmente, da non consentire grandissimi distacchi tra i primi.
Finalmente il lunedì si riposa, per poi riprendere poi con un’altra salita disumana: il Plan de Corones da San Vigilio di Marebbe, 13 km scarsi di sofferenza micidiale a cronometro: stradina in terra battuta, rapportini, apnea totale. Sospettiamo che anche qui l’alta classifica non si smuoverà più di tanto ma vorremmo sbagliarci. Interessante la tappa seguente, da Brunico a Pejo Terme, per 173 km. L’acuto del Passo delle Palade da Merano, 1300 metri di dislivello a metà tappa, potrebbe dinamitare la corsa e farne una frazione tutt’altro che interlocutoria. Arrivo in salita, ma non troppo.
Il giorno dopo, da Levico Terme, tappa tranquilla e non lunga, 156 km, con circuito finale a Brescia: e i velocisti superstiti saranno assetati di vittoria.
Tappa spettacolare il venerdì, da Brescia all’Aprica, 195 km di fatiche che prevedono Santa Cristina-Trivigno e il Mortirolo prima del traguardo: dovrebbe essere questa la tappa decisiva. Ai battuti non resterà che tentare il tutto per tutto il giorno dopo, da Bormio al Passo del Tonale, 178 chilometri di mal di gambe e marcature strette con Forcola di Livigno da Tirano, Eira e Foscagno, il Gavia (Cima Coppi) da Bormio prima dell’ascesa finale: 4500 metri di dislivello. L’acuto finale sarà la breve cronometro di Verona, 15 km su e giù dalla salita mondiale delle Torricelle, fino al trionfo dell’Arena. E chissà che il duello non sia ancora aperto…
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