Dove va la televisione pubblica?

Al De Filippi un incontro con il regista Gilberto Squizzato e il giornalista Andrea Riscassi dedicato alla tv, ai modelli sociali veicolati, alla libertà d'informazione. Organizza il Forum del Terzo Settore

L’importanza dell’informazione libera e i modelli sociali veicolati dalla televisione sono al centro dell’incontro pubblico organizzato venerdì 22 ottobre dal Forum provinciale del Terzo Settore, dai Forum territoriali di Busto Arsizio e di Gallarate, insieme al Cesvov. L’incontro dal titolo "Quale televisione? Non siamo solo consumatori" è ospitato al centro congressi De Filippo di via Brambilla 15 a Varese. Sollecitati dalle domande del Direttore di Varesenews Marco Giovannelli, interverranno Gilberto Squizzato, giornalista, autore e regista, autore del libro "La tv che non c’è", e Andrea Riscassi, giornalista e fondatore dell’Associazione “Annaviva” in memoria di Anna Politovkskaja. 

L’incontro, al quale sono invitati tutti i cittadini, è particolarmente rivolto a tutti coloro che sono impegnati all’interno dei tanti soggetti sociali del variegato mondo del Terzo Settore: Volontariato, Cooperazione, Associazionismo.
La domanda, al centro del dibattito, si colloca infatti in un momento particolarmente agitato per la gestione e le prospettive della Televisione Pubblica. Inoltre la recente pubblicazione del Libro Verde del Terzo Settore, che invita a riflettere sulle sfide dell’Italia che vuole investire sul futuro, dedica particolari sollecitazioni al tema della comunicazione.
Spiega Ruffino Selmi, portavoce del Forum provinciale varesino Terzo Settore: “Sono molti i sintomi della seria crisi culturale che sta attraversando la società italiana. I processi di trasformazione hanno assunto negli ultimi decenni ritmi così rapidi da non garantire alle generazioni la possibilità di elaborare l’analisi del contesto in cui vivono, e questo produce nelle persone un concreto rischio di spaesamento.
L’invadenza dei modelli culturali imposti dal mercato e dai media negli stili di vita e nelle opinioni, l’esaltazione dell’individualismo come orizzonte prevalente delle relazioni sociali, producono nelle persone una profonda crisi di senso. L’affermarsi di una cultura diffusa impoverita di significati e di valori banalizza il senso comune e riduce gli elementi di identità della comunità sociale.
Chi più del Terzo Settore italiano può far propria oggi la sfida dei diritti culturali? Farsi promotore di una battaglia civile per rivendicare adeguati investimenti di risorse pubbliche per la cultura; affermare l’idea che spendere in cultura non è un costo, ma un investimento nel capitale umano del Paese, nell’innovazione e nella sostenibilità del suo modello di sviluppo, nella qualità delle relazioni sociali.
E ancora, vogliamo rassegnarci ad un mercato dei consumi culturali sempre più omologato a modelli commerciali di scarso livello, o vogliamo politiche pubbliche che sappiano stimolare la capacità di scelta critica dei cittadini e indirizzare gli operatori del settore verso prodotti di qualità? Può essere il Terzo Settore protagonista della battaglia culturale per un servizio pubblico televisivo di qualità?”
Infine a quando una rappresentanza significativa, dei milioni di cittadini attivi che compongono il Terzo Settore, dei milioni ancor più numerosi degli utenti, all’interno degli organi dirigenziali della televisione pubblica?

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Ottobre 2010
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