“La polemica sui frontalieri è frutto di incomprensioni”

La storia di Robert Gori, tradatese di origini indiane che da anni lavora stabilmente in Svizzera. “Mi sento italiano, europeo e indiano. L’Italia oggi è come un grande puzzle”

L’Italia è come un grande puzzle da ricostruire e le polemiche sugli italiani che lavorano in Svizzera sono frutto di incomprensioni. Robert Gori, lavora da anni a Zurigo, è di origine indiana, ma vive a Tradate da quando era bambino, adottato da una famiglia della zona. È un classico lavoratore italiano in Svizzera. Ecco come vede la polemica sollevata dall’Udc svizzero accusa gli italiani di “rubare” il lavoro: «Credo che ogni paese del mondo non possa contare solo su se stesso per essere competitivo. La collaborazione e l’appoggio di altri paesi, soprattutto di quelli più vicini, porta ad un livello di benessere e sicurezza maggiore – commenta Robert -. Forse la polemica sui frontalieri è frutto di una poca comprensione: credo che con una maggiore conoscenza fra le due parti questo "equivoco" possa essere risolto».
 
Robert ha 34 anni è si considera tutt’oggi italiano, nonostante i numerosi viaggi all’estero per lavoro. La sua storia è quella di un ragazzo di colore che ha vissuto la giovinezza a Tradate quando ancora l’immigrazione non era fenomeno anche politico. «Io non ho mai incontrato difficoltà nel relazionarmi con gli altri – racconta Robert -. Sono convinto che il merito sia della mia famiglia adottiva: loro non hanno cercato di proteggermi perchè "diverso". Mi hanno buttato nella mischia lasciandomi la libertà di decidere il percorso che ritenevo più adatto per me: nelle amicizie, nella scuola, nello sport. La mia integrazione è stata un’integrazione al cento per cento. Il fenomeno immigrazione l’ho vissuto in maniera piuttosto distaccata: forse è dovuto al fatto che non mi rivedo nelle persone che ora vengono in Italia da altri paesi. Io sono cresciuto come un italiano, non portavo con me la cultura di un altro paese».
 
Dopo essersi laureato in lingue e letterature straniere, ha lavorato in Giappone, Francia e Germania. Oggi lavora in Svizzera: «Mi occupo di documentazione tecnica del software. Per me l’estero era un percorso quasi obbligato. Considerare il mondo intero come proprio raggio d’azione penso sia la filosofia giusta per chi ha fatto un percorso di studi come il mio. È assolutamente necessario vivere all’estero per toccare con mano quello che si studia sui libri».
L’Italia rimane comunque la nazione che Robert sente più sua: «È il mio paese, per il quale provo i sentimenti più vivi. È dove sono cresciuto e dove ho la mia casa e la mia famiglia. Credo che l’Italia di oggi sia un po’ come un enorme puzzle tutto da ricostruire. Al puzzle non mancano pezzi, manca una mano che sappia rimetterli in ordine. Così è l’Italia per me adesso: un paese ricchissimo di competenze e di valori, di novità e di tradizionalità; manca forse lo sforzo per incanalare tutto questo verso la via più giusta. Come mi definirei? Italiano, europeo ed indiano».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Ottobre 2010
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