Azzoppare il cinque per mille è un errore
L'opinione del giornalista della Prealpina Gianni Spartà in merito alla decisione di di tagliare al Terzo Settore trecento dei 400 milioni destinati dai contribuenti tramite la dichiarazione dei redditi
Azzoppare il Cinque per mille, cioè la più elegante e civile forma di sussidiarietà fiscale a beneficio del non profit, è errore politico di tale portata spiegabile con il clima da ultimi giorni di Pompei che aleggia non solo sul governo, ma sul Paese. La questione vi è nota: votando la finanziaria, ribattezzata legge di stabilità, il Parlamento ha segato trecento milioni di euro (su quattrocento) destinati alle associazioni del volontariato sociale. Ha cioè considerato questa voce particolarissima del bilancio dello stato alla stregua di una spesa inutile e non del sale di un valore che sta sulla bocca di tutti e nel cuore di pochi: la solidarietà.
Che cosa abbia armato la mano demolitrice di un ministro stimato come Giulio Tremonti, candidato a premier l’altra sera in tv da Roberto Maroni, altro personaggio assai gettonato della coalizione berlusconiana, non è agevole capire. Il titolare dell’Economia sta mettendo a dieta tutti, imprenditori, attori di cinema e teatro, registi, rettori universitari, ricercatori, speriamo anche evasori totali e titolari di società off-shore: i conti pubblici sono un colabrodo e possiamo fare la fine della Grecia e dell’Irlanda.
Bene. Ma che la falce sia piombata impietosa anche sulla minuscola porzione di tasse donata dai contribuenti al Terzo settore è decisione sconcertante per due ragioni. La prima: fatichiamo a pensare che la stabilità finanziaria della nazione possa dipendere da quei trecento milioni sottratti a splendide realtà come Medici senza frontiera, Mani Tese, Greenpeace, Emergency, Gruppo Abele, Telethon, Save the children, per non parlare delle migliaia di onlus che sul territorio aiutano malati di tumore, ospedali, case di riposo, comunità di riabilitazione psichiatrica. Sulla scorta di unanime esecrazione ci si è affrettati a comunicare che il maltolto verrà restituito ad aprile, ma sapete com’è: prendere è facile, ridare un po’ meno. La seconda: non c’è solo la decurtazione di 5 per mille ridotto a un 1,25, c’è anche il rischio di distruggere una tradizione che ha cominciato a crescere tra i contribuenti. I quali, compilando la denuncia dei redditi, si mettono la mano sulla coscienza di cittadini e devolvono un quid a questa o a quella associazione, la cui utilità sociale hanno avuto modo di verificare, magari sulla loro pelle.
A proposito: l’otto per mille alla chiesa cattolica non è in discussione e da timorati di Dio ne siamo lieti. Ma la disparità di trattamento, politicamente garantita dai patti Lateranensi, è stata notata.
Una terza riflessione è che castigando il volontariato, Tremonti castiga se stesso perché tante onlus, soprattutto a livello di sanità e di servizi sociali, colmano di fatto lacune pubbliche, arrivano dove il bilancio dello stato si perde per strada, intervengono in settori tenuti in piedi dalla generosità di migliaia di anime buone. Hanno un bel dire le Regioni, Lombardia in testa, che per sgravare ospedali in rosso, per abbattere costi insopportabili di degenza e cura dei non acuti, bisogna appoggiarsi alle forze vive ed efficienti delle città, agli anonimi samaritani che donano tempo ed energie personali. Il discorso è bello, ma se improvvisamente diventa sterile c’è da allarmarsi. E non poco.
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