“Così non fermeremo la fuga di cervelli”

Intervista a una studentessa di biotecnologie farmaceutiche. Un commento sulle ragioni della protesta e sulle aspettative per il futuro

Sono tra i più colpiti sia dalle proteste che dai tagli. Gli studenti delle facoltà scientifiche esprimono tutta la preoccupazione per quanto li attende. Come Marta, una studentessa di Biotecnologie farmaceutiche che abbiamo intervistato a Milano.

Cos’è cambiato quest’anno rispetto all’anno scorso?
«Dal punto di vista didattico poco o nulla perchè alcuni corsi sono stati rimandati al secondo semestre mentre sono aumentate le manifestazioni e le prese di posizioni da parte di studenti, ricercatori e professori per cercare di cambiare la situazione in cui ci troviamo».

Quali sono stati i grossi problemi causati dalla protesta dei ricercatori?
«Il problema più grosso è stato lo slittamento dell’inizio delle lezioni che dal 4 ottobre sono passate, per quanto riguarda la mia facoltà, al 25 ottobre. Questo ha portato alla sovrapposizione dei laboratori con alcune lezioni che in quel periodo sarebbero dovute essere già terminate. Ad esempio, a me è addirittura capitato di fare il laboratorio di microbiologia prima del corso vero e proprio».

E che prospettive ci sono per il secondo semestre?
«Il secondo semestre è ancora un’incognita. Ci hanno anche detto che forse non ci sarà proprio perchè i ricercatori, che tenevano parte delle lezioni, dopo l’approvazione della riforma applicheranno alla lettera il loro contratto e quindi si renderanno “indisponibili” (non terranno più lezione). Ma è ancora tutto un grande mistero».

Che aria si respira in università?
«Per quanto mi riguarda sono molto preoccupata. Ho paura di quello che potrà succedere. Quello che decidono in parlamento riguarda il mio futuro».

Quali sono gli effetti del taglio dei finanziamenti?
«Il problema dei finanziamenti non è un problema recente, si sentiva già dagli anni scorsi. Di soldi ce ne sono davvero pochi e diventano sempre meno. Le università sono così alla canna del gas che l’anno scorso ad esempio, quando ho fatto il laboratorio di organica, chi rompeva la vetreria doveva pagarla di tasca sua».

Che prospettive ha un futuro scienziato in italia?
«Se non cambia la situazione economica e industriale direi ben poche. La prospettiva è inevitabilmente quella di lavorare all’estero. La preparazione che ci fornisce la scuola italiana è elevata, ma la ricerca è completamente tralasciata. Se non si finanzia la ricerca non si fermerà mai l’ormai famosa fuga dei cervelli».

Cosa pensi della protesta portata avanti dai ricercatori?
«È importante e va sostenuta. Non si può più continuare con questa situazione di assoluto precariato e con poco ricambio generazionale. Se una persona a 40 anni suonati si accampa sul tetto di un’università lo fa perchè ha dei buoni motivi!»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Dicembre 2010
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