Cessione della biblioteca, la minoranza non ricorre al Tar
L’annuncio dei sette consiglieri che comunque non rinunciano alle accuse dopo aver visionato l’atto notarile della cessione: “È una compravendita”
«Grandi giri di parole e acrobazie linguistiche e mentali non sono bastati a capovolgere una realtà che era chiara sin dall’inizio e che è stata confermata dalla lettura del rogito notarile del 27 dicembre scorso: la biblioteca Frera è stata venduta alla Seprio». Parole dure, contenute in un comunicato firmato da tutti i sette consiglieri comunali di minoranza: Luca Carignola, Luigi Luce, Piergiorgio Campanini, Pino Scrivo per il Gruppo Ulivo; Gianluigi Margutti, Massimo Tagliabue per Unione Italiana; e Carlo Uslenghi per Città Nuova. Comunicato con cui i consiglieri spiegano che, come precedentemente annunciato, non ricorreranno al Tribunale amministrativo regionale per impugnare la delibera con cui è stata ceduta la biblioteca. All’inizio avevano fatto ricorso al Capo dello Stato, ma il comune ha chiesto, tramite l’avvocato Baroni, di riportare la questione di fronte al Tar. «Questo – come spiegano i consiglieri – comporta delle spese non indifferenti sia per il comune sia per noi consiglieri in forma privata». Nonostante la decisione di rinunciare, la minoranza punta il dito contro l’atto notarile della cessione della biblioteca che l’amministrazione comunale ha sempre definito “cessione a titolo oneroso” e di cui è stato effettuato il rogito a fine dicembre. Precise le accuse da parte della minoranza, dopo aver preso visione degli atti firmati dal notaio: «L’Amministrazione comunale è stata quindi sbugiardata dallo stesso atto che è andata firmare – continua il comunicato -: non può infatti definirsi in altro modo se non come compravendita la cessione di un bene da un soggetto ad un altro a fronte del pagamento di un prezzo. Per questo motivo, e per il fatto che essendo già stato effettuato (a tempo di record) il passaggio di proprietà non è più possibile chiedere la sospensiva della delibera da noi impugnata, non riassumeremo il giudizio avanti al Tar di Milano. Non riteniamo inoltre che sia il caso fornire pretesti all’Amministrazione per buttare altri soldi in spese legali: il ricorso al Capo dello Stato da noi promosso non costava nulla mentre la semplice mossa di portare inutilmente la questione al Tar è già costata a tutti i tradatesi 3mila euro. Restano comunque tutti i dubbi su una operazione nebulosa, escogitata solo per aggirare il patto di stabilità, e dai vantaggi finanziari per le casse comunali e della Seprio ancora tutti da dimostrare».
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