Il nero e il silenzio come simbolo della tragedia

Le ragioni della protesta delle "Donne in nero"

donne in nero"Vestiamo in nero come consapevole strumento di denuncia del prevalere di una cultura di morte". In silenzio, ogni venerdì sera, per un’ora dalle 18 alle 19, un gruppo di donne varesine si ritrovano in piazza Monte Grappa e manifestano perché "ogni guerra non venga rimossa o dimenticata, perché le prospettive di pace non restino fragili ed incerte, e milioni di donne e di uomini, di diverse nazionalità, non siano sconfitti nelle loro prospettive di vita".
Un movimento nato nel dicembre del 1987 quando, durante  la prima Intifada, sette donne israeliane iniziarono a protestare, vestite di nero e in silenzio, in una piazza di Gerusalemme, contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Il nero e il silenzio assunti a simbolo della tragedia comune del popolo palestinese ed israeliano, la mano di Fatima, figlia prediletta di Maometto, che fermava gli eserciti opponendo la mano davanti ai loro sguardi, come simbolo della speranza di poter fermare tutte le guerre.
Quel gruppo, da sette si ingrandì diffondendosi in altre città israeliane e del mondo: europee, indiane, nordamericane, australiane, costituendo un movimento che trova nel rifiuto della guerra, dei massacri, delle occupazioni e di ogni forma di violenza un modo diverso di protestare e che si pone come ponte fra due popoli e le loro ragioni.
A Capodanno1990 diverse centinaia di donne europee parteciparono a Gerusalemme alla manifestazione delle "DONNE IN NERO" israeliane e alla catena umana attorno alle mura della città. Il 9 ottobre del ’91 gruppi di donne appartenenti alle diverse repubbliche della ex Jugoslavia, hanno cominciato a manifestare a Belgrado per protestare, in silenzio, vestite di nero, contro la guerra, il militarismo, il sessismo, lo stupro nella guerra, la pulizia etnica.
"Da allora, – come si legge nel loro sito internet –  le “DONNE IN NERO” hanno costantemente testimoniato la loro opposizione alla guerra, in favore di una soluzione pacifica dei conflitti: dalla guerra del Golfo a quella in Afghanistan, dalle guerre Balcaniche all’intervento NATO in Kossovo; hanno cercato di tessere reti, costruire ponti di pace e reali esperienze di convivenza.
Le “DONNE IN NERO” israeliane continuano ancora oggi a protestare contro la violenza dell’occupazione. In questi momenti, in cui i venti di guerra soffiano più che mai, in cui l’attacco contro il popolo palestinese si fa sempre più duro, è importante che le donne chiedano che la guerra esca per sempre dalla storia.
La politica che non combatte la fame dando cibo, che non combatte la sete dando acqua, che non combatte le violazioni riconoscendo i diritti, è una politica che persegue lo sterminio della dignità sociale e individuale di ciascuno di noi.
Per mantenere la nostra striscia di futuro fatta di pace, di libertà e di non violenza è necessario continuare a manifestare il nostro antimilitarismo e impedire che la guerra si appropri delle nostre vite.
Per questo chiedono alle donne che come loro si sentono contro la guerra, che si sentono colpite dalla guerra, o che non accettano di sentirsi in guerra, di unirsi fisicamente a loro o anche solo di vestirsi simbolicamente a lutto, che siano a scuola, al lavoro o a casa".

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Febbraio 2011
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