“Tarcisio, un amico che ci ha insegnato ad andare in alto”

Folla enorme e grande commozione ai funerali del coach del basket, promotore dell'iniziativa "Cestisti fino al midollo", prematuramente stroncato dalla leucemia

Una folla commossa di centinaia di persone ha preso parte stamane, nella chiesa parrocchiale dei Santi Cornelio e Cirpiano di Cerro Maggiore, ai funerali di Tarcisio Vaghi, spentosi tre giorni or sono, a soli 41 anni, per una recrudescenza della leucemia che lo aveva colto tre anni fa. Una testimonianza d’affetto immensa quella fornita dai tanti, tantissimi che sono venuti a trovarlo un’ultima volta, in tanti anche da Varese dove era stato brillante giovane allenatore di basket. Occhi rossi, lacrime e commozione durante la funzione officiata dal coadiutore parrocchiale di Cerro don Maurizio Bianchi, che ha salutato in Tarcisio «un amico che ci ha insegnato ad andare in alto, un paladino che è andato ovunque» a portare il messaggio che lottare contro la malattia si deve e si può. Lo ha fatto con i Cestisti fino al midollo che ha mobilitato per sensibilizzare sull’importanza della donazione di midollo osseo e della ricerca scientifica per la lotta alla leeucemia, un male che può essere conquistato e domato dalla scienza.
«Ci diciamo che non è giusto, così, a soli quarantuno anni, ma dobbiamo dire grazie al Signore per averci fatto incontrare un amico che ci ha insegnato a giocare insieme, nello sport come nella vita. Abbiamo ora un motivo in più per giocare» ha detto il sacerdote mentre dalle prime alle ultime file ci si asciugava gli occhi fazzoletto in mano, «mettere a frutto gli insegnamenti di Tarcisio. Lui, con il sorriso, con la grinta da allenatore, ci direbbe  di non mollare. La vita è un dono, quando insegni, anche nella fatica, a guardare agli altri; e ogni fatica a questo mondo ha un premio in cielo. L’esempio di Tarcisio ci sia di stimolo ad andare in alto, a vincere lo scudetto della nostra vita».

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Il resto è ricordo: quello di parenti e amici. Una carriera di rilievo quella di Vaghi, tale da indurre la FIP Lombardia a chiedere un minuto di silenzio su tutti i campi di gioco lombardi per domenica, e che lo aveva visto guidare tra le altre squadre Varese, come primo assistente di Ruben Magnano (aveva vinto anche uno scudetto cadetti conquistato nel 2004 con il Campus Varese della famiglia Bulgheroni), Castelletto Ticino, Casale Monferrato, Teramo, Sav Vacallo infine, con la dirigenza della società a ricordarlo in chiesa con commozione profonda: «Ci piace pensare che il Signore pensi a te come mister di una squadra di angeli».

Il lunghissimo applauso alla bara portata a spalle dagli amici più cari, più in alto di quanto accade di solito, perchè anche questo è il basket, e il mesto corteo verso il cimitero, parenti e amici di famiglia a sorreggersi l’un l’altro, chiudono non un addio, ma un arrivederci. Il "Tarci" resterà nel cuore di quanti lo hanno conosciuto: lo dicono l’affetto e il senso di perdita irreparabile che si palpavano tra la folla. Ma su ogni rimbalzo, lui ci sarà. Per sempre.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Marzo 2011
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