“Cultura, lavoro e niente Expo” la Milano del comunista Montuori
Intervista col candidato del Partito Comunista dei Lavoratori a Palazzo Marino. Di sè dice: "Sono una mosca rossa"
Tarantino di nascita, bolognese per studi e milanese per adozione e politica, Fabrizio Montuori è il candidato alla poltrona più alta di Palazzo Marino per il Partito Comunista dei Lavoratori. La sua candidatura vuole fare da ariete, da testa di ponte, per un cambiamento profondo del tessuto sociale e politico del paese; partire da Milano per uscire dalla città e portare avanti gli ideali, di recente un po’ fuori moda, del comunismo. Trentaquattrenne e lavoratore nel settore della telefonia, dice di sé di essere una “mosca rossa”, alludendo alla sua fede politica e alla rarità, per quelli della sua generazione, del contratto a tempo indeterminato.
Montuori, perché un tarantino si candida sindaco di Milano?
«Prima di tutto perché ci vivo e poi perché questa non è una città come le altre. Ha un grande peso sul quadro nazionale e da qui si può partire per portare avanti un progetto politico più ampio, nazionale».
Quindi la sua è più una candidatura politico-nazionale che amministrativo-locale?
«Entrambe le cose. Voglio governare questa città e allo stesso tempo mandare un segnale forte al Paese».
Come pensa che andrà a finire questa tornata?
«Non posso saperlo, ma comunque per indole credo poco nelle statistiche e nei sondaggi e, stando in giro, tra la gente, mi sono accorto con chiarezza di una cosa: i milanesi non ne possono più».
Di cosa non possono più i suoi concittadini?
«Sono decine i problemi di questa città: dagli ingressi agli asili nido, merce assai rara, fino al lavoro che non c’è, passando per l’impossibilità di avere un luogo decente dove studiare. Le biblioteche stanno chiudendo una dopo l’altra e questo comporta tra le altre cose che non vi si possono più tenere i corsi serali che, fino ad adesso, sono stati lo strumento chiave per permettere ai avoratori di proseguire gli studi e migliorare la propria condizione.
Ora questo non è più possibile e la cultura, inesorabilmente, si sposta verso l’esclusiva dei ceti più alti della società».
Cosa rimprovera all’amministrazione Moratti?
«Mi fanno ridere i suoi manifesti che recitano che il suo è stato il governo del fare: non è vero, non hanno fatto niente, solo speculazione immobiliare e assegnare consulenze da migliaia di euro».
Cosa pensa di fare per EXPO?
«Molto semplice. Voglio rinunciare alla candidatura e rispedire tutto al mittente. Expo porterà solo danni in città: prima un’enorme speculazione, poi, quando tutto sarà finito, una cattedrale nel deserto di cui nessuno saprà cosa fare. A Milano non serve Expo, ma interventi sociali e culturali che potremmo fare con gli stessi soldi che saranno sprecati per l’esposizione universale».
Vulgata vuole che il tema della sicurezza sia un tema di destra. È vero? E comunque qual è la sua risposta a questa domanda dei milanesi?
«Centro destra e centro sinistra, sinora hanno avuto lo stesso atteggiamento fallimentare: quello della repressione. Noi crediamo che per avere una società più sicura occorra partire dall’inizio, dalle
scuole. Rigettiamo comunque l’assioma che lega la delinquenza alla presenza di stranieri, poiché i dati diffusi dal ministero dell’Interno mettono nero sul bianco il fatto che la delinquenza immigrata è inferiore a quella italiana».
Chi sono i suoi elettori?
«I giovani, i precari, i contratti atipici. Ma anche i pensionati e gli anziani. Chiunque abbia voglia di cambiare le cose».
(Fpsmedia per Lombardianews)
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