Il futuro dell’infermiere non è in ospedale
Assegnato il primo premio del Collegio Ipasvi. A due infermiere dell'hospice di Varese il primo premio. Il tema era l'anziano, un settore in forte sviluppo
La popolazione invecchia, le malattie si cronicizzano, l’assistenza diventa meno acuta ma più lunga. Sono gli anziani, dunque, i soggetti che più hanno e avranno bisogno di assistenza infermieristica: non solo quella iperspecializzata, ma anche quella di base. Ecco perchè, il primo premio del concorso lanciato dal Collegio Ipasvi di Varese era incentraro su questa fetta di popolazione.
Il primo premio è andato a due infermiere dell’hospice di Varese, Selene Andreotti e Irene Banfi che hanno sviluppato uno strumento di supporto a chi assiste il paziente in ospedalizzazione domiciliare. Si tratta di un sistema semplice e immediato: una cartelleta che riproduce l’immagine della medicina da prendere indicando l’ora e la quantità, con una casella da sbarrare ogni volta che si assume il farmaco. Il sistema ha ridotto gli errori e le titubanze di chi assiste.
Seconde classificate sono state Cristina Angelini e Roberta Gastoldi impiegate in una residenza per anziani nel milanese. Il loro lavoro verteva sulla preparazione delle persone ricoverate in RSA per evitare il ricorso alla "contenzione" fisica, quei trattamenti per impedire ai pazienti movimeni o reazioni pericolose.
Il premio è stato consegnato dal professor Marcello Cesa Bianchi che ha parlato dell’anziano e delle sue molteplici peculiarità: « Un anziano è un interlocutore con più esperienza e valori. Una persona ancora capace di grande creatività e originalità, per cui non può essere considerato un mero fruitore».
La scelta di incentrare il premio sul mondo della terza età non è stata causale: « Stiamo andando verso un’assistenza che sarà sempre più di tipo socio sanitario – spiega Aurelio Filippini, presidente del Collegio Ipasvi varesino – La nostra è una professione ancora richiesta, lavoro ci sarà sempre ma non all’interno delle strutture ospedaliere. Cresce il bisogno nelle case di riposo, nelle strutture a bassa intensità di cura, nella domiciliare. Gli ospedali stanno andando verso un’iperspecializzazione che riguarda la fase acuta e basta. Per cui è bene che anche i nostri giovani, che si affacciano alla professione, comincino a riflettere sugli sviluppi futuri. I posti ospedalieri saranno sempre meno. Ma non si pensi che l’assistenza all’anziano sia meno qualificante: sono pazienti multipatologici per cui è richiesta una preparazione più ampia»
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