Inda, sorpreso anche il sindaco: “Decisione grave e improvvisa”

Delusione tra gli operai al presidio contro la chiusura della storica sede. Il primo cittadino Daniela Mendozza: «Fino a ieri era stata assicurata almeno la permanenza degli uffici»

«… nell’interno dell’Azienda non abbiamo mai licenziato una persona; noi abbiamo ancora tre persone che sono venute alla Inda a 14 anni, hanno fatto i 40 anni alla Inda e andranno in pensione alla Inda. Loro sanno che io voglio bene a loro». A rileggere oggi questo passo di un’intervista datata febbraio 1986 viene il magone, soprattutto per chi ha conosciuto la persona che disse quelle parole a un giornale di settore. Aras Frattini, la "Signora" (foto a lato), l’imprenditrice che fondò la Inda di Caravate a metà degli anni Quaranta e che ha condotto l’azienda di accessori da bagno praticamente fino alla morte, aveva una filosofia che ben si inquadrava in quelle poche frasi.
Ecco perché le misure scelte dall’azienda di Caravate, diramate ieri e contestate oggi – martedì 18 ottobre – durante una protesta accorata dei dipendenti fuori dallo storico stabilimento di via XXV Aprile fanno ancora più male. Oltre un centinaio di lavoratori si sono ritrovati ai cancelli della Inda dopo aver ricevuto una notizia che è un pugno in pieno volto, e pure senza preavviso. La Inda chiude a Caravate in tutto e per tutto, con la sola (minuscola) eccezione dello spaccio aperto al pubblico, e lo fa con decorrenza quasi immediata, con un drappello di operai mandati a Pagazzano (in provincia di Bergamo) e un gruppo più consistente di impiegati che verranno ricollocati in una nuova sede a Vizzola Ticino.
La manifestazione odierna, portata avanti con grande dignità e quasi in silenzio, è così servita soprattutto a incontrare il sindaco di Caravate, Daniela Mendozza (arrivata con il vice Rosnati), sorpresa al pari dei lavoratori per la condotta dell’azienda. Anche a lei infatti la notizia della chiusura è giunta all’improvviso e senza preannuncio nella mattinata di ieri, per poi scoprire dai giornali alcune tempistiche e alcuni dati. «Da parte nostra abbiamo sempre avuto almeno una rassicurazione da parte della società – ha detto la signora Mendozza agli scioperanti – e cioé che la "testa" della Inda sarebbe sempre rimasta a Caravate. Io posso capire le difficoltà commerciali o produttive del momento, ma mai mi sarei aspettata che gli uffici se ne sarebbero andati. Anzi, questo era stato anche oggetto di contrattazione quando si era trattato di gestire alcuni esuberi in passato, e questa posizione mi è stata ribadita fino a poche settimane fa dalla proprietà». Il sindaco, che ieri sera ha riunito d’urgenza la sua Giunta, parla senza mezzi termini di «scelta fatta in modo grave sia in quanto tale sia per le modalità, visto che siamo stati avvisati a decisioni già prese e definitive. Decisioni che non colpiscono solo i singoli lavoratori ma che vanno a incidere con un forte impatto su tutto il territorio».
E anche per questo potrebbe tra poco essere convocato un consiglio comunale aperto, con la presenza anche dei sindaci della zona. Tra l’altro l’enorme area su cui sorgono uffici e stabilimenti è vincolata all’uso industriale e artigianale, e anche questo sarà un motivo di discussione caldo per il futuro.
Alla manifestazione sono intervenuti anche il delegato della Fim-Cisl Giuseppe Marasco, insieme a Francesca De Musso, pari ruolo della Fiom-Cgil. «La situazione occupazionale appare irrecuperabile in questo momento e le decisioni che ci sono state comunicate sono irreversibili. Proprio per questo però ci rivolgiamo alla proprietà, perché crei le condizioni per sostenere i lavoratori e favorirne la ricollocazione. Una ricetta sarebbero per esempio i corsi di riqualificazione, una strada per esempio seguita per la CEI di Angera e che ha dato successo. Certo, queste opzioni hanno comunque dei costi di cui vorremmo si facesse carico la proprietà».
Tra i lavoratori intanto, è quasi più forte la sorpresa mista a rassegnazione del malumore. Non sono pochi a ricordare che il marchio Inda è stato per decenni leader del mercato e ha ancora un buon appeal sulla clientela. In tanti sottolineano errori gestionali del recente passato che hanno causato intoppi e – dicono – portato altissime buoneuscite ai dirigenti coinvolti. Qualcuno la butta in politica: «Ci aspettavamo di vedere le bandiere verdi a difesa del territorio, e invece evidentemente vengono sventolate solo per chiedere un’assurda secessione». E c’è chi pensa a Pagazzano o a Vizzola, non capisce le scelte (si lasciano uffici funzionali per traslocare tutto da un’altra parte) e prova almeno a buttarla sull’ironia. Infine ci si dà appuntamento a venerdì, quando a Varese ci sarà l’incontro nell’ambito della procedura per la cassa integrazione. Per una azienda che, fino a che è stata diretta dalla "Signora", aveva il vanto di non aver mai fatto ricorso a questo provvedimento…

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Pubblicato il 18 Ottobre 2011
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