Storia di Antonino, finito in carcere perchè “malato di gioco”

Quarantaquattro anni, un figlio da mantenere in Sicilia, senza occupazione, Antonino fa parte dei "Giocatori anonimi". Racconta la sua storia per aiutare chi sta vivendo il dramma del gioco

le slot machines sono pericolose per chi soffre di gioco patologicoAntonino ha 44 anni. Un figlio in Sicilia a cui deve passare 400 euro al mese e una nuova compagna. Nella sua vita ha fatto molti lavori: muratore, manovale, magazziniere. Attualmente è disoccupato e sta bussando a tutte le porte in cerca di una possibilità. La vuole con tutte le sue forze anche per ritrovare quella dignità che ha perso un giorno di 13 anni fa entrando in un bar: « Ero seduto a bere un caffè quando ho visto un signore che vinceva un sacco di monetine a una slot machines – ricorda Antonino – Mi sono avvicinato e ho iniziato a giocare anch’io. Una monetina e poi un’altra e un’altra ancora. Quel giorno ho anche vinto…».

Così è iniziata la dipendenza da gioco di Antonino: « Ogni momento libero ero davanti a un video gioco. Non riuscivo a pensare ad altro. Anche la notte sognavo quelle macchinette e non vedevo l’ora che riaprissero i bar per ritentare la fortuna…».
 
Ma quale fortuna! Per Antonino è l’inizio di un periodo disperato: le difficoltà economiche lo portano a saltare l’ostacolo della legalità: « Ho iniziato a rubare. Una rapina in una gioielleria mi ha portato dritto dritto in carcere. Mi hanno accusato anche di tre rapine a supermercati che non avevo commesso. Ma ora ho pagato tutto: 7 anni di galera. Nel 2008, per l’indulto, ero uscito con tanta voglia di ricominciare ma sono finito di nuovo dietro le sbarre per un accumulo di pena. Ho finito di scontare il mio debito nel 2010 e ho voltato totalmente pagina. Ho iniziato a chiedere aiuto a tutti, perchè chiedere è sempre meglio che rubare. Ma nulla…».
 
Le difficoltà economiche unita alla necessità di ritrovare fiducia in se stesso hanno convinto Antonino a rivolgersi a un medico: prima un ricovero in una clinica nel comasco da cui se n’è presto andato, poi un consulto con uno psicologo che lo ha indirizzato verso il gruppo "Giocatori Anonimi" di Busto Arsizio, infine l‘inserimento nel gruppo "G.A." di Varese dove ha trovato veri amici e un senso nuovo per la sua vita: « Non gioco più da un anno, anche se, dopo 5 mesi, ho avuto una ricaduta. È stata come una fucilata per me. Mi sono sentito a pezzi. Da allora non ho più giocato nemmeno un centesimo. Mi sento molto forte e cerco di aiutare chi è disperato. Nel nostro gruppo accettiamo chiunque abbia bisogno. Vediamo storie drammatiche, anche più tristi della mia. Tanti giovani che si rovinano giorno dopo giorno. La disperazione è enorme ma sapere che qualcuno è lì per aiutarti dà grande forza. Io credo che dovrenbbero vietare queste macchinette nei bar: sono locali dove entrano tutti e non si può travare, così facilmente, un’occasione per rovinarsi. Chi è debole non deve entrare nei bar».
 
Il problema è capirlo e fermarsi: « Oggi mi sento meglio, dormo tranquillo e più rilassato. So, però, che il nemico esiste. Allora esco con pochi spiccioli in tasca, mi metto paletti precisi per non perdere questa mia tranquillità. La dea bendata non esite, le macchinette vincono sempre, anche quando fanno scendere decine di monetine: sei sempre tu a perdere, soldi e tempo, tempo rubato alla tua famiglia e ai tuoi amici per stare con una scatola di latta che vuole annientarti»

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Pubblicato il 24 Febbraio 2012
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