“Il ‘diverso’ non è una minaccia da eliminare”
Le Acli cittadine intervengono a sostegno del percorso di legalità per il campo Sinti di via Lazzaretto, una scelta dell'amministrazione comunale che ha fatto discutere
Riceviamo e pubblichiamo la nota del Circolo Acli di Gallarate sulla vicenda del campo Sinti di Gallarate, ritornata pienamente d’attuaità dopo la decisione della maggioranza di centrosinistra – contestata dalla Lega Nord – di avviare un nuovo percorso di legalità evitando lo sgombero del campo.
La recenti decisioni con cui l’Amministrazione di Gallarate ha inteso avviare ad una soluzione dignitosa il contenzioso con le famiglie Sinti residenti nel nostro comune ha suscitato, come prevedibile, reazioni sia di calda approvazione che di aspra riprovazione. Come ACLI, coerentemente a quanto anche fatto e detto, siamo nel novero di coloro che leggono nell’azione dell’Amministrazione non buonismo di bassa lega, ma coraggio. Quel coraggio che ci vuole a restare ancorati ad un’idea di convivenza civile sviluppata tramite l’inclusione e l’accoglienza, curando nello stesso tempo una contrattualità sociale basata anche sulla legalità, poiché siamo liberi anche in virtù delle leggi e delle norme, e non liberi perché affrancati dalle leggi. Certo, va riconosciuta la dignità anche delle idee di coloro che non la pensano in questo modo, e questo è frutto del coraggio di chi ha dato la vita affinché tale condizione, chiamata democrazia, potesse realizzarsi. Ma c’è un punto sul quale, necessariamente, la divaricazione tra ciò che è eticamente e moralmente accettabile e quello che non lo è, non è più possibile discutere, e va messo un pilastro inamovibile. Non si tratta più di PGT, norme, leggi, contratti, mediazioni culturali o salvaguardia della popolazione cosiddetta autoctona. E sta francamente diventando velenosamente noioso confrontarsi con chi tenta continuamente di spostare quel pilastro per interessi di parte.
Da quanto leggo riguardo ad alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa, una delle cose che maggiormente sembra indispettire è che queste famiglie “si ostinano a voler portare avanti uno stile di vita che è assolutamente diverso da quello degli altri cittadini”. Si può capire come questa cosa crei perplessità e disagio, e d’altra parte comprenderla richiede un bagaglio culturale ed una sensibilità alla comune condizione umana che sono frutto di scelte personali, e quindi non sempre presenti. Ma con questi atteggiamenti ed i conseguenti linguaggi siamo ancora nel campo della discriminazione, della diffidenza e della paura di ciò che non comprendiamo e che non vogliamo comprendere.
Non è questa la sede opportuna per considerare i necessari riferimenti valoriali. Ma intendiamo riaffermare che “il diverso” non può essere considerato una cosa incomprensibile e fastidiosa, e quindi una minaccia da eliminare: questa è una filosofia di esclusione che mette in pericolo, nei fatti, ognuno di noi, alimentando la vera insicurezza, i veri rischi per una convivenza sociale pacifica e proficua.
Inoltre, da parte nostra ribadiamo l’esigenza fondamentale della costruzione di una comunità intesa come un “noi”, perché un territorio che non sia anche comunità é privo del senso di appartenenza, e la comunità stessa resta utilizzabile solo come scenario, e non come attrice delle proprie vicende. Anche se fra noi ci sono i credenti della discriminazione e della razza, ognuno dei quali nutre e mantiene le proprie sicurezze; davvero siamo certi che è di quelle sicurezze e certezze che abbiamo bisogno?
Noi siamo convinti che la democrazia, anche a casa nostra, si misura da come siamo capaci di vivere la solidarietà nella società civile, ogni giorno. E non è più il tempo per parlare di democrazia in termini generali. Occorre invece tornare a confrontarsi costantemente con l’idea di un processo in continuo sviluppo, mai concluso e tanto meno dato per scontato, di un contesto sociale che concilia le libertà, i diritti e la dignità dei singoli con le esigenze di una degna convivenza civile, e quindi attrezzato con forme di tutela, garanzie e controlli centrati sulla partecipazione decisionale e la condivisione di benefici e svantaggi. Questo confrontarsi significa prendersi cura della democrazia e della società civile: assumere questo modo di guardare al contesto in cui viviamo è sostenere che esiste un potenziale innato in ciascuna persona, in ciascun compito, in ogni problema da affrontare.
Siamo chiamati dai tempi ad affrontare, in modo cooperativo e condiviso, un nodo centrale: produrre modalità non per governare in modo diverso la comunità, ma per avviare processi affinché un’altro modo di essere comunità sia possibile. Quelle famiglie son lì a ricordarcelo,
per Circolo ACLI Gallarate
Carlo Naggi, Presidente
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